Ogni tanto occorre mollare la presa, aprire il pungo, lasciar andare.
Succede con le persone, con i problemi, con le situazioni e con gli ambienti. Ogni tanto occorre avere il coraggio di staccarci da ciò a cui ci siamo perspicacemente legati e a cui abbiamo attaccato il cuore e la testa. È un gesto liberatorio ma mai scontato né innocuo. Vi sono addirittura casi in cui restare attaccati appare la situazione più comoda e spontanea. È la separazione, invece, che chiede determinazione, concentrazione e coraggio; è il cambio di rotta l’atto davvero oneroso ed audace…. È un po’ come la rotta della nave: procedere lungo la direzione di marcia è facile e naturale; è il cambio di rotta quello che davvero costa fatica.
Credevo che si cambiasse rotta per una serie di motivi: talvolta per quel naturale logoramento che subiscono tutte le cose; altre volte perché la vita ti porta distante, non solo fisicamente ma anche spiritualmente; altre volte ancora perché cessa l’interesse, si affievolisce la passione, si spegne il desiderio. Ho sperimentato, a mie spese, che esiste anche un’altra possibilità per questa evenienza: talvolta si apre il pungo perché fa troppo male tenerlo chiuso. A volta molli la presa perché senti un dolore atroce nelle mano, perché ciò che apparentemente ti sorregge è proprio ciò che ti ferisce; perché comprendi che vi sono aculei velenosi nascosti nelle braccia che ti vorrebbero abbracciare.
Sono quelle volte in cui non è né la testa né il cuore a decidere per te, ma il dolore della mani, la sofferenza delle braccia e la fitta che senti nelle membra.
Ogni tanto occorre mollare la presa ed aprire il pugno perché devi ammettere a te stesso che stai stringendo con le mani delle rose che, sebbene incantevoli, nascondo spine che penetrano la carne.