quando scrivo…

Chiunque pubblichi qualcosa in rete accarezza una speranza: quello che altri possano leggere quello che egli scrive.

Intendiamoci: non è questa una prerogativa solo della rete. Vale lo stesso per tutti coloro che scrivono libri, articoli, pubblicazioni o recensioni, contributi o interviste. Internet ha semplicemente reso assai più facile la cosa, abbattendo quel muro che una volta separava lo scrittore dal lettore. Oggi la cosa è assai più fluida ed indeterminata: colui che legge talvolta diviene anche colui che produce un testo, in una circolarità di ruoli sconosciuta prima dell’avvento della rete.

Anche questo blog ovviamente non fa eccezione.

Chi scrive sa benissimo che anzitutto scrive per se stesso, come un esercizio di espressione, di analisi o, nel mio caso, quasi di terapia. Eppure egli è pienamente consapevole che ciò che compone giungerà, in un modo o nell’altro, all’attenzione di un lettore, che sarà chiamato a prendere parte di ciò che si vuole condividere. Vi è un movimento intrinsecamente “pubblico” in ogni scritto: l’altro a cui si arriva non è un accidente o una casualità del processo, ma un elemento costitutivo e necessario.

Tuttavia mi è capitata una cosa singolare che mi ha spinto ad osservare a questa dinamica di scrittura/lettura in modo un po’ differente. Capita che alcuni dei miei (non molti) lettori rilancino in FB, sugli stati di WhatsApp o su altri social qualche frase tratta da un mio testo. Ecco, lì mi accorgo che è accaduto qualcosa di particolare e di significativo. Perché, vedete, quando il numero degli accessi o delle visite aumenta, significa che sei stato capace di raggiungere un numero ampio di persone e di solleticare il loro interesse e la loro curiosità. Quando invece qualcuno rilancia le tue parole, beh, lì la faccenda è assai più seria.

In queste occasioni comprendi che hai fatto centro, che hai raggiunto l’obiettivo, che tagliato il traguardo. In realtà non è una tua vittoria personale ma la vittoria dalla parola e del linguaggio. La ripresa di una tua frase o di un tuo pensiero significa che quelle tue povere parole sono state capaci di interpretare (non di creare) un pensiero, un vissuto o un esperienza che giaceva sepolta nel cuore di qualcuno e che attendeva solo una eco, un richiamo o un invito ad emergere. È il mistero della parola che è capace di mettere in contatto degli universi interiori, che sa creare ponti tra i cuori e connessioni tra i pensieri. Quando vedo un “mia” parola rilanciata mi dico: ecco la forza verbo! Ecco la sua innata capacità di generare incontri, raccordi, affinità e contatti!

È così che, con il tempo, impari a sperimentare una piccola ma intensa gioia. Essa non consiste nella possibilità di arrivare a molti, di ottenere grande visibilità o riconoscimento. Essa si nutre della soddisfazione di aver toccato quella singola persona in modo unico e singolare, attivando la sua sensibilità e sollecitando una restituzione di cui quella ripresa è una testimonianza benedetta.  


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