Ti accorgi di essere un po’ maturato (o invecchiato…vedete voi…) quando smetti di tentare di cambiare tutte le cose che non vanno.
La giovinezza ti dona l’illusione e la pretesa, un po’ ingenua, di poter sistemare tutte le cose sbagliate che trovi sulla strada, quelle mille e minuscole ingiustizie che infastidiscono il tuo procedere. Credi così di poter sanare ogni ferita, supplire ogni mancanza, raddrizzare ciò che è storto.
Con il tempo e l’età inizi gradualmente ad accettare che queste “cose storte” non scompariranno troppo facilmente e che, nonostante i tuoi sforzi, essere saranno sempre lì a disturbarti e ad inquietarti…. Anzi esse appartengono alla vita, con lo stesso diritto di residenza di cui godono tutte le cose belle che vivi.
Ma la bella notizia (ed è questo il vero dono della vecchiaia!) è che impari a non disperare, a nutrire fiducia anche in presenza del male che non scompare. Impari che non è necessario eliminare tutte le cose negative per vivere in un mondo bello e rappacificato. Accogli la presenza di ciò che non va come un fatto ineluttabile e inevitabile: al mondo ci saranno sempre ingiustizie, povertà, ignoranza, stupidità e maldicenza ma questo non mina la tua determinazione a lavorare perché il mondo, o meglio il “tuo mondo” (ossia quella parte di mondo su cui hai una qualche influenza) diventi migliore, più giusto, più rispettoso e più umano. È proprio nell’età adulta che apprezzi la nota Preghiera della Serenità:
«Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso,
e la saggezza per conoscere la differenza»
La saggezza sta tutta in quella sottile differenza, in quel labile confine tra ciò che si può cambiare e quello che non si può.
Ed il segreto della tua felicità sta tutto in quei due verbi: combattere ed accettare. Lottare per quanto può essere fatto. Accogliere, con pazienza e fortezza, quanto appartiene al lato oscuro della vita. In pace con sé stessi.