«La bellezza è per i ricercatori di fessure, di soglie segrete, di fili pressoché invisibili». Questa frase mi ha riportato in un istante a quando, bambina, in lunghe estati solitarie in montagna, camminavo per i prati attorno a casa, nel silenzio del primo pomeriggio, e scoprivo sempre nuove meraviglie. Il sapiente tessere la tela di un ragno, l’avvicendarsi laborioso delle api all’alveare, il formarsi dei boccioli delle rose, nell’orto. La forma strana e misteriosa di certe nuvole, la verginità delle cime ancora innevate all’orizzonte, il profumo di resina dai boschi.
Era un mondo di bellezza quello che mi si rivelava: forse perché appunto ero appena una bambina, forse perché proprio la solitudine e il silenzio creavano attorno a ogni particolare quasi una lente, che mi permetteva di osservare la profondità delle cose. Rimpiango quel mio sguardo infantile. Ho provato, a tornare esattamente negli stessi luoghi, ma non ho più saputo vedere ciò che vedevo un tempo.
«La bellezza è per i ricercatori di fessure, di soglie segrete, di fili pressoché invisibili» […]. Cercare, nella quotidianità della vita, la bellezza che si nasconde dentro all’apparenza immediata delle cose. Come quelle piccole piante selvatiche che in primavera spuntano nelle crepe dell’asfalto delle nostre città, affondando le radici in pochi grammi di terra rubata ai marciapiedi. Come gli occhi ancora perduti nella dolcezza di un limbo dei neonati in carrozzina. O lo sguardo, buono e raro, di qualcuno che veramente ci comprende e ha misericordia di noi.
Cercare la bellezza non è estetismo, non è un lusso, ma è qualcosa che infonde una genuina gratitudine. E questa gratitudine può generare letizia, anche in momenti in cui c’è ben poco da essere lieti. (Marina Corradi)