good news

Talvolta ascoltare qualche buona notizia fa bene al cuore e alla mente, perché ci consente, almeno per pochi istante, di diradare quella coltre scura che ci ingrigisce l’umore dopo aver ascoltato le notizie della sera in un qualunque telegiornale. La buona notizia spezza il pessimismo che ti porta a disperare delle cose del mondo, come se tutto fosse destinato ad un tragico ed ineludibile esito; è come una fioca fiamma di candela, che squarcia la tenebra della notte. Non è una luce sufficiente per leggere o per lavorare ma è un bagliore che quantomeno lascia intravedere lo spazio che ti circonda e gli dona spessore, profondità e un poco di sicurezza.

È quello che ho provato leggendo sul giornale la storia di Godfrey, giovane ingegnere della Tanzania e giunto in Italia per studiare al politecnico di Milano. L’amore per lo studio e la conoscenza, Godfrey li ha sempre avuti: da giovane universitario si alzava alla 4 di mattina per percorrere le due ore di bus che separavano la sua casa dal “Dar es Salaam Institute of Technology” (DIT). È qui infatti che Godfrey ha ottenuto una laurea in Ingegneria e sempre al DIT, durante una conferenza, ha fatto la conoscenza della prof.ssa Emanuela Colombo, docente del politecnico e delegata per la Cooperazione internazionale su incarico del Rettore. Alla professoressa bastano poche battute con Godfrey per comprendere che il giovane laureato ha “i numeri” per continuare la carriera accademica. «Così ne nasce uno su migliaia», dice la prof.ssa Colombo di lui. Attraverso una borsa di studio e grazie all’interessamento della professoressa, il giovane tanzanese giunge in Italia dove vive in un appartamento in viale Zara con un coinquilino suo connazionale.  Durante questo soggiorno Godfrey frequenta il master e vince un dottorato, specializzandosi in tecnologia dell’ingegneria energetica in Africa, con il massimo dei voti e la lode. Un curriculum brillantemente conseguito che aprirebbe a Godfrey un’infinità di porte e gli offrirebbe moltissime opportunità professionali. «Ma io volevo tornare in Africa. È qui che ho sempre voluto fare l’ingegnere. È qui che lo farò», racconta Godfrey, che dopo aver terminato la sua formazione in Italia è tornato nel suo paese, dove ora lavora per una grande multinazionale, collabora con diverse Ong per la promozione di progetti e sul piano della formazione. Ora Godfrey ha 36 anni, una moglie e due figli e ha vinto una cattedra in ingegneria energetica presso il DIT, dove aveva iniziato la sua carriera universitaria.  Godfrey conserva un ottimo ricordo del suo paese di adozione: «A Milano mi sono sempre sentito accolto. Anche se non è stato facile per la lontananza dalla mia famiglia. Ma in fondo è andato tutto bene, no? L’Italia mi ha dato una esperienza e una formazione che nel mio Paese non avrei potuto avere. Allo stesso tempo però la mia Tanzania oggi sta investendo. E io sono ottimista. Credo con grande forza che le persone che hanno avuto la volontà e soprattutto la fortuna di studiare come è capitato a me possano fare davvero molto per i “loro” posti».

A volta le storie a lieto fine esistono ancora… sono rare ma ci sono. E raccontano vicende che aprono al futuro, che donano speranza e che mostrano un mondo “altro”, o forse meglio, mostrano come il nostro mondo potrebbe essere diverso, così come tutti sogniamo che sia.

Le belle notizie hanno il potere evocativo di suscitare quanto di bello è nascosto nei nostri desideri, di smuovere la passione per tutto ciò che potrebbe essere più umano, più vero e ricco.

Il cinismo e la rassegnazione ci prostrano e ci inducono a credere che tutto sarà per sempre così, triste, ingiusto, volgare, gretto, lugubre e squallido. Le cattive notizie contribuiscono, giorno dopo giorno, a formare una crosta sopra i nostri sensi che, a lungo andare, ci rende insensibili, apatici, egoisti e sprezzanti. Dopo che sei stato esposto per molto tempo a tragedie, calamità, furti e rapine, saccheggi e ingiustizie, furberie e voracità rischi tu stesso di gettare la spugna, di desistere dal sognare, dal cedere e rinunciare ad impegnarti perché le cose vadano diversamente. Siamo sinceri: talvolta è pure comodo lasciarsi circondare da tutto questo pessimismo. Se tutto va male, a che serve impegnarsi e lottare? Se le cose non filano mai per il verso giusto, tanto vale accodarsi alla fila dei disillusi e dei disimpegnati, manifestare qualche risentito sdegno e continuare a vivere come si è sempre vissuto. Le cattive notizie talvolta sono un’ottima giustificazione per non muovere un dito.

Le buone notizie, invece, sono come una finestra spalancata sul nostro spirito: fanno entrare aria fresca e salubre e disperdono quell’odore stantio, impregnato di impudenza, spregiudicatezza ed insolenza, che ci alberga dentro.  Le cose buone che vediamo ed ascoltiamo entrano in risonanza con la parte buona di noi, quella positiva e ricca di speranza, quella che resta affascinata dal bello che la circonda, quella sa ancora commuoversi, gioire e partecipare alla sorte di chi calpesta questa terra.

Credo che di questi tempi leggere buone notizie, mettersi in ascolto di voci di speranza e di futuro sia diventato un dovere morale per ciascuno: non si sopravvive in un mondo che è soffocato dalla bruttezza e da un cinico pessimismo. Ci serve un cielo sopra la testa capace di mostrare la stella polare ed orientare il cammino.

Dopo tutto, poi, queste “cose buone” sono merce rara ma non introvabile: la troveremmo più frequentemente sulla nostra strada se solo avessimo occhi attenti ed un cuore vigile.

Questo mio articolo è stato pubblicato sul numero di ottobre di LodiVecchioMese


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