rendersi inutili

Non se vi è mai capitato con un figlio, un nipote o un figlio di amici di insegnare ad andare in bicicletta. È un passaggio sempre molto atteso dai piccoli ma carico anche di ansia da parte dell’adulto che partecipa a questa esperienza di iniziazione. 

Vi è una gradualità nell’insegnamento che occorre rispettare, pena il fallimento del tentativo. Dopo aver spiegato come stare saldamente sulla sella della bici e a tenere forti le mani al manubrio, inizi a tenere con vigore l’apprendista ciclista in modo che familiarizzi con i pedali e con il movimento delle gambe. Lo devi tenere stretto stretto perché quello mica sa restare in equilibrio: senza il tuo sostegno precipiterebbe vergognosamente a terra. Quando l’esercizio lo rende un po’ più sicuro allora anche la presa si può lievemente allentare: sarà forte durante la partenza ma man mano che il giovane ciclista prende velocità può divenire più lieve, tanto ci penserà la fisica a tenerlo in equilibrio. Certo è che devi essere pronto e reattivo per la frenata: quello è un altro momento critico che richiede tutto il supporto dell’allenatore.

Con il tempo che passa anche la pedalata si fa più sicura sicché la tua presa diviene quasi impercettibile, come fosse solo una sorte di rete di sicurezza per eventuali cadute ma, in realtà, assolutamente ininfluente. Giunge poi il momento che l’abilità dell’aspirante ciclista è tale che è possibile solo una cauta osservazione a distanza: ogni altro intervento o contatto sarebbe solo di fastidio e, a ben vedere, pericoloso.   

Funziona così anche per le nostre relazioni di cura, verso i figli o verso chiunque sia affidato alle nostre premure: si inizia con una “marcatura stretta”, “a uomo” si direbbe in termini cestistici; poi si passa ad un controllo più blando e rilassato; poi ancora la marcatura diviene “a zona”, concedendo all’allievo margini di manovra e di autonomia. Giunge poi il momento in cui occorre lasciare andare la persona, concedendogli la libertà necessaria per procedere in solitudine ed autonomia, senza lacci o prese inopportune, senza vincoli o paure indotte.

È il momento, spesso doloroso, della ritrazione e del passo indietro; sono gli attimi in cui sei chiamato a sperimentare quel senso urticante di inutilità e di inefficacia. Abbandoni il campo, lasci la presa, termini il tuo compito. Non è un momento facile perché dà un senso di potere e di valore sentire che il ciclista pedala perché sostenuto dalla tua presa; è doloroso riconoscere che viene il tempo in cui non solo quella presa è inutile ma rischia di essere pure dannosa.

È un compito faticoso ed ingrato quello dell’educatore: chiamato a spendere energie per rendersi inutile, in un apparente controsenso logico. Tanta fatica per accorgersi che raggiungi la tua meta quando la tua presenza non è più necessaria, né auspicata.


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