Quando una foto diventa artistica? Quando passa dall’essere una semplice istantanea della realtà e diviene qualcosa di poetico, di estetico, di bello insomma?
Forse quando sa risvegliare qualcosa dentro di noi, quando sa parlare ad un pezzetto della nostra sensibilità, quando sa smuovere un’emozione, un sentimento, un sussulto dell’anima… Sì, forse il tratto artistico di una fotografia è la sua capacità di interpellare la nostra vita, di suscitare qualcosa che ci portiamo dentro, di entrare in risonanza con una corda del nostro cuore che già era lì, era già presente, si trattava solo di farla vibrare.
Ora, non sono un esperto fotografo e non conosco i dettagli tecnici dell’arte ma questa foto che mia cugina mi ha inviato è per me davvero qualcosa di poetico.
Ritrae suo marito ed il figlio di fronte la mare. Sono ripresi in controluce e di spalle, sicché non solo il loro volto resta nascosto ma anche la loro figura resta un po’ nell’ombra, quasi che non capisci esattamente se il protagonista della foto siano le due presone o il cielo ed il mare, che si dispiegano con straordinaria lucentezza sullo sfondo. È bello ed intrigante questo tratto “anonimo” del volti: in fondo ciascuno di noi si può immedesimare, si può ritrovare in quella istantanea perché ci potrebbe essere lui al posto loro.
Sono due le cose che mi ammagliano di questa foto: gli sguardi catturati e quasi estasiati di papà e figlio verso l’orizzonte e quelle mani strette che penzolano tra le loro figure. Mi chiedo: ma non significa proprio questo essere padre? Osservare la vastità del mare con orgoglio e coraggio e trasmettere questa passione a tuo figlio? Essere padri non significa forse educare a contemplare il mondo con occhi nuovi e curiosi, lasciandosi incantare del fascino delle cose, dalle bellezza del reale? Esse padri non significa anche che questa contemplazione del mare è resa abitabile solo da un mano che stringe la tua con forza, dolcezza ed amore? Essere padri è accedere a quel bagaglio che ogni padre, come quello della foto, si porta sulle spalle, per aprire tuo figlio alla bellezza del vivere, all’orizzonte sconfinato dell’esistenza, a quella luce talmente intesa che sa fa brillare le onde sulla riva.
Mi piace questa foto perché parla di una paternità dolce e allo stesso tempo amorevole, vicina e distante, calda e coraggiosa. Amo l’audacia di chi sa sostenere lo sguardo su spazi infiniti, di chi sa sfidare l’immensità del mare, di chi osa restare in piedi stringendo la mano di un figlio, di fronte alla meraviglia della cielo.