In questi giorni mi sono trovato spesso a pensare al mio amico don Marco, che ci ha lasciato più di due anni or sono. Non so perché ma mi è tornato alla mente un fatto degli ultimi mesi della sua vita. Celebravamo in quell’anno, il Giubileo della Misericordia e Marco, nell’ambito del lavoro del suo ufficio in Vaticano, aveva contributo notevolmente alla preparazione e alla realizzazione. Poi era sopraggiunta la malattia ed il suo impegno era divenuto meno “da prima linea” ma non per questo meno sentito e partecipato. In quei giorni nelle chiese romane era frequente che ci fossero momenti prolungati di confessione a cui i pellegrini, giunti nella capitale da tutto il mondo, avevano la possibilità di avvicinarsi. Ricordo che una sera mi telefonò e nel parlare del più e del meno, mi raccontò delle lunghissime ore trascorse in confessionale ad ascoltare i penitenti. Sapevo che non stava particolarmente bene e che quell’attività gli aveva richiesto un grandissimo sacrifico. Era molto affaticato e stanco e quelle ore di impegno prolungato di certo non avevano giovato alla sua salute.
Intuii tuttavia che c’era un senso profondo in quella scelta, la volontà decisa, come era la sua, di esserci e dare il proprio contributo a quel momento di rinnovamento spirituale. Conoscendolo capivo che non era un gesto “solitario” o frutto di esaltazione, ma un atto mite e coraggioso, frutto di una scelta di vita totalmente donata agli altri, un cammino che anche la sofferenza e la malattia non avevano infiacchito, ma, se possibile, reso ancora più vero e fecondo.
Che bello pensare che la propria vita possa essere un atto di Misericordia verso i fratelli! Anzi: pensare che la propria vita sia capace di comunicare la Misericordia del Padre. La nostra esistenza può essere una corsa, una lotta per la sopravvivenza, un atto di sopraffazione e di affermazione di sé. Ma essa può diventare anche un pane spezzato per l’altro, luogo di riconciliazione e di pace, evento di misericordia per chi ci sta accanto. I nostri giorni possono essere luogo in cui si esprime un solidarietà concreta verso l’altro, in cui l’invito a non abbandonarsi alla disperazione posso divenire una testimonianza personale. La nostra presenza nella vita delle persone può diventare annuncio di una bellezza che sorprende e di una misericordia che commuove.
Ripenso che affetto e gratitudine a quel gesto che Marco compì nel segreto della sua sofferenza: mi ricorda, con straordinaria efficacia, che le nostre vite, anche se spezzate, piagate o sofferenti, non cessano di essere una mite benedizione per i nostri fratelli.