incontri “artistici”

Domenica scorsa, approfittando della bella giornata e dell’entrata gratuita ai musei, ci siamo concessi il lusso di una visita alla pinacoteca di Brera: davvero una collezione meravigliosa di opere, disposte all’interno di un percorso stimolante e allestito in spazi e stanze davvero suggestive. Talvolta andiamo chissà dove per vedere delle belle opere d’arte e ci scordiamo quelle che abbiamo sotto casa.

Durante questa interessante visita ho fatto uno strano incontro che mi ha sorpreso e mi ha fatto pensare: tra i visitatori (non paganti) della mostra c’era un ragazzone di colore dai vestiti un po’ malandati che, ad occhio e croce, avrei indicato come uno degli ospiti di qualche centro di accoglienza presenti sul territorio.  Evidentemente l’accesso libero aveva spinto anche lui ad avventurarsi all’interno di un museo che magari in altri momenti gli sarebbe stato precluso.

Girava incuriosito tra le sale con sguardo a metà strada tra il perso ed il sorpreso, sinceramente meravigliato di tutta quella bellezza che lo circondava. Si muoveva con fare un po’ circospetto e titubante, tipico di chi non si sente pienamente a suo agio in un ambiente così sobrio e, a suo modo, ricco. Osservava un quadro, alzava la testa per ammirare la stanza nel suo complesso e passava al quadro successivo. L’ho incontrato tre o quattro volte durante il mio vagabondare senza meta precisa nella pinacoteca.

Pensavo alla meraviglia che quel giovane doveva provare nel trovarsi in quel luogo: dubito che nel suo paese di origine abbia mai vissuto un’esperienza simile né che abbia avuto la possibilità di avvicinare quadri di quel valore prima in vita sua. Ma pensavo anche al nostro paese che esprimeva la sua accoglienza verso quell’uomo non solo condividendo il pane, l’acqua ed un tetto sulla testa ma anche alcune delle produzioni più belle e significative della sua cultura. Concedendo l’ingresso al quello straniero la nostra comunità ha avuto la possibilità di “spezzare con lui” il pane della bellezza, di quell’afflato al Bello che anima ogni opera d’arte, a qualunque latitudine essa si trovi.

Ho provato un senso di orgoglio e di compiacimento la vedere quello “straniero squattrinato” perdere del tempo per ammirare opere che molti dei miei connazionali snobbano con indifferenza. Non è in fondo uno straordinario risultato per lui e per la comunità che lo ospita? Quel giovane si è incuriosito a tal punto della cultura in cui è finito, da decidere di dare un’occhiata ad alcune delle produzioni artistiche che in quella cultura sono nate. Non è questo forse il senso dell’incontro tra diversi, dove insieme al pane e al tetto, si condivide il senso di una storia, di un pensiero, di valori umani e spirituali, tutte cose che “trasudavano” con naturalezza da quei meravigliosi dipinti?

Mi sono convinto, ripensando all’accaduto, che quella galleria d’arte sia stata, per quell’uomo, la culla di un incontro, lo spazio di una conoscenza, il luogo in cui una pacifica integrazione può trovare fertile terreno.


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