C’è un sogno dietro le parole miti e garbate del presidente Mattarella, un’aspirazione emerge dalla sua narrazione pacata e gentile durante il messaggio di fine anno che, nella serata di San Silvestro, il presidente della Repubblica rivolge alla nazione. E questo sogno ha una cifra sintetica, una parola che raccoglie e condensa la realtà di questa speranza. È la parola “comunità”, con la quale il presidente apre e conclude il suo discorso: il resto del discorso, la riflessione che si articola dentro questo identico punto iniziale e finale, pare essere solo la declinazione di questa parola, la sua esplicitazione, il modo per renderla qualcosa di concreto e di reale. «“Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese». In queste parole c’è tutta la sintesi della nostra costituzione repubblicana, c’è il senso di una convivenza civile fatta di un vivere insieme perché un medesimo destino ci unisce tutti, che lo vogliamo oppure no.
E perché non ci siano dubbi sulla natura e le caratteristiche di questa comunità di vita, il presidente ne descrive i tratti, delineandone i segni del volto. Ci sono parole e valori che sono ingredienti essenziali di questa comunità. Anzitutto la parola “rispetto” che «vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore». La comunità a cui Mattarella aspira è un popolo che è ricco e fiero della propria identità, ma con mitezza e riguardo, senza violenza, senza arroganza ed intolleranza.
E questo rispetto va a braccetto con un’altra parola che appartiene al vocabolario del presidente: la parola “sicurezza”. Come a dire che non c’è sicurezza senza rispetto o rispetto senza sicurezza. «La sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune. (…) La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza. Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro». Mi pare chiaro il ragionamento di Mattarella: contro ogni visione riduttiva della sicurezza, vista come mera difesa degli egoismi personali, il presidente oppone una concezione più ampia ed integrale di questo valore. La sicurezza non è solo “difesa da” ma “lavorare per”, garantendo i valori positivi del lavoro, dell’istruzione, della redistribuzione, etc.
E poi il presidente ha l’ardire di usare una parole mai udita in politica, proprio per descrivere lo stile in cui questa comunità è chiamata a vivere: i buoni sentimenti. Questi “buoni sentimenti” sono proprio quei motori che animano i tanti che di questa comunità si mettono al servizio. «Sono i valori coltivati da chi svolge seriamente, giorno per giorno, il proprio dovere; quelli di chi si impegna volontariamente per aiutare gli altri in difficoltà. Il nostro è un Paese ricco di solidarietà. Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche istituzioni. Ricordo gli incontri con chi, negli ospedali o nelle periferie e in tanti luoghi di solitudine e di sofferenza dona conforto e serenità. I tanti volontari intervenuti nelle catastrofi naturali a fianco dei Corpi dello Stato»
E poi c’è un’altra parola assai cara al presidente: la parola “fiducia”, da opporsi alla paura e alle lacerazioni. «Dobbiamo aver fiducia in un cammino positivo. Ma non ci sono ricette miracolistiche. Soltanto il lavoro tenace, coerente, lungimirante produce risultati concreti. Un lavoro approfondito, che richiede competenza e che costa fatica e impegno. Traguardi consistenti sono stati raggiunti nel tempo. Frutto del lavoro e dell’ingegno di intere generazioni che ci hanno preceduto.» Insomma, la fiducia di Mattarella non è un vuoto ottimismo ma si alimenta del lavoro serio e fedele, della competenza e della fatica e si fonda sui grandi risultati che la storia di questo Paese ha raggiunto nel corso della sua storia. Cita a questo proposito il Sistema Sanitario Nazionale, straordinario esempio di solidarismo universalistico che ha consentito a tutti la garanzia di cure degne e adeguate.
C’è infine un’ultima parola che non può mancare negli attributi della parola “comunità”: è la dimensione europea, di cui il presidente è un convinto sostenitore. «La dimensione europea è quella in cui l’Italia ha scelto di investire e di giocare il proprio futuro; e al suo interno dobbiamo essere voce autorevole. (…) Le difficoltà possono essere superate rilanciando il progetto dell’Europa dei diritti, dei cittadini e dei popoli, della convivenza, della lotta all’odio, della pace». L’Europa è, per la comunità sognata da Mattarella, il destino naturale, il positivo approdo in cui celebrare e condividere i valori che sono alla base della nostra costituzione.
È ricco ed affascinante il sogno del presidente per questa Italia, che pare oggi ripiegata su se stessa e in preda a egoismi che fatica a gestire. È lo scoprirsi comunità, pare dirci il presidente, l’antidoto a questo clima avvelenato, a questo astio che serpeggia nei rapporti sociali e politici. È il senso della comunità che si sperimenta già oggi in «molti luoghi straordinari dove il rapporto con gli altri non è avvertito come un limite, ma come quello che dà senso alla vita».
Questo mio articolo è stato pubblicato sul numero di Gennaio di LodiVecchioMese