quanta invidia, Charlie Brown!

Certi giorni mi piacerebbe vivere nel mondo dei Peanuts, insieme a Charlie Brown, Snoopy e Lucy. In una di quelle simpatiche strisce inventate da Schultz dove, tra un dramma ed un sogno, la vita scorre con una sua serenità ed una spensierata linearità.

Il bello di tutto quello che accade in quei piccoli riquadri colorati è che tutte le cose “storte” trovano un loro posto nella trama del racconto: si tratti di un litigio, un’avventura, una gita al campeggio o una partita di baseball, Charlie Brown & co. si ritrovano sempre in un mondo che segue un proprio ordine, una propria interna consistenza e ragionevolezza. Ogni variazione, ogni sussulto o imprevisto viene come “riassorbito” nel disegno complessivo, integrato nello schema delle cose. Nulla è talmente “strano” o insolito o doloroso da non poter venire ospitato in quei quattro quadrati che raccontano la vicenda. C’è, alla fine, sempre la possibilità di una redenzione, di una salvezza, di una soluzione a quanto appare, a prima vista, tanto intollerabile o incompatibile.

Penso che in fondo Snoopy ed i suoi amici ci affascinano anche per questo: qualunque cosa accada ai protagonisti, vi è sempre l’opportunità di essere raccontata, di essere ospitata in una narrazione che, in un modo o nell’altro, sa dare senso e ragionevolezza all’esperienza.

Nella vita reale ahimè le cose spesso vanno assai diversamente. Talvolta accade che devi digerire fatti che ti stordiscono per la loro violenza o imprevedibilità; devi metabolizzare notizie e accadimenti che ti turbano, ti destabilizzano e ti scombussolano con una tale energia che fatichi ad assegnare a quanto accaduto un lontano senso o una vaga ombra di sensatezza.

Nella vita di tutti i giorni quella “narrabilità” (che è sinonimo di sensatezza) che anima le pagine dei Peanutes pare scomparire per lasciare spazio a ciò che è incomprensibile, confuso, impenetrabile, inafferrabile e spesso doloroso.

È proprio in questi momenti che l’enigmaticità della vita bussa alla nostra porta e chiede di essere accolta come un ospite sgradito e spiacevole.


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