il vostro amico…

ai miei amici

Se dovessi tatuarmi sulla pelle un frase sull’amicizia, senza dubbio sceglierei questa frase tratta da “Il Profeta” di Gibran: “Il vostro amico è il vostro bisogno saziato”. Poi la frase continua, meravigliosamente: “È il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza. È la vostra mensa e il vostro focolare, poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace”. Ma è quella primissima affermazione che è capace di irrompere nella mia anima come una deflagrazione.

L’amicizia ha a che fare con l’appagamento del bisogno, di quel moto radicale e profondamente umano che ci spinge a uscire da noi stessi per trovare pace nell’altro. La cosa straordinaria è che Gibran non indica un contenuto di questo bisogno, un oggetto a cui tendere, un fine da raggiungere. In fondo, il bisogno è sempre bisogno di qualcosa: di cibo, di contatto, di riconoscimento, di sesso, di conoscenza. Qui invece no! L’amicizia afferisce alla soddisfazione del bisogno in quanto tale, senza che esso debba specificarsi in qualcosa di definito e concreto.

Temo allora che questo “bisogno senza oggetto” assomigli molto al movimento del desiderare, di quello sbilanciamento radicale che ci spinge verso una alterità “altra” che non siamo noi. L’amico è colui che appaga il nostro desiderio, senza complemento di specificazione, senza uno scopo definito, senza un oggetto predeterminato.

Forse solo chi ha sperimentato l’estasi dell’amicizia è in grado di afferrare, anche se da molto lontano, quello che Gibran lascia intendere: l’amico è colui che, almeno per un attimo, dona pace a quello slancio vitale che ci spinge a muoverci, ad uscire, a desiderare la vita, a non sentirci appagato del qui e dell’ora e che ci incalza a cercare, a crescere, bramare, evolvere e diventare sempre più uomini.

L’amicizia è una di quelle pochissime cose della vita in cui questa ineffabile fame di vita trova un punto di ristoro, una consolazione, un temporaneo appagamento. Beato è colui che trova sazietà nei suoi amici, perché, quella fugace sosta e momentanea gratificazione sostengono il viaggio dell’esistenza e spingono ad andare sempre oltre, fin dentro il Mistero della Vita.


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