Ci sono tante definizioni su chi sia un amico, i libri sono pieni di celebrazioni e descrizioni dell’amicizia. È un sentimento complesso, tanto leggero (perché non legato da un vincolo istituzionale) quando profondo e vitale (in nome della sua natura radicalmente elettiva).
Tra le molte definizioni possibili credo che un amico sia anche colui che sa capirci in profondità ed in verità.
Vedete, è bello sentirsi unici, possedere il senso della propria irripetibile individualità, sapere che sulla terra non esiste un’altra persona come me, che sente il mondo come lo sento io, che vede le cose come le vedo io, che esperisce la realtà proprio come lo faccio io. Eppure la consapevolezza di questa unicità talvolta ci fa provare un senso di solitudine, di isolamento, di incomprensibilità. Chi potrà davvero capire quello che sento dentro? Chi può intendere il senso dei miei pensieri e l’intensità dei miei dolori? Con chi posso condividere quelle piccole gioie che, apparentemente piccole ed insignificanti, sono dei meravigliosi risultati per la mia esistenza?
Penso che l’amico sia esattamente colui che sa rompere quella bolla di incomunicabilità che rischiamo di sentire attorno a noi e ci regali quella preziosissima sensazione di sentirci capiti, accolti, ospitati.
Ci sono momenti che mi fanno capire che nella vita non serve essere apprezzati da tutti o avere un grande pubblico che palude alle nostre gesta. Talvolta ci serve solo un semplice amico, uno di quello veri e discreti, che sappia farci sentire a casa, che sia in grado di sanare quell’istinto perverso che ci tiene lontano dal mondo, dalle persone e, in definitiva, da noi stessi.
Talvolta basta poco: due occhi che ci accolgono, due orecchie che fanno spazio ed un cuore che vibra all’unisono.