Ci sono giorni in cui la vita ti mette di fronte ai tuoi fallimenti, ai tuoi insuccessi, ai traguardi che avresti voluto raggiungere e che invece hai mancato. Sono giorni tristi, malinconici, segnati da un misto di delusione, rammarico, sconforto e smacco.
I fallimenti che più feriscono, quelli che arrivano al cuore con maggiore spietatezza, non sono tanto quelli relativi a ciò che hai fatto, ma piuttosto a quelli che afferiscono a chi sei stato. Avresti voluto essere un buon amico ma con quella persona proprio non ci sei riuscito; avresti voluto essere un padre migliore ma devi costatare i tuoi evidenti limiti ed le tue incapacità; avresti voluto essere un collega più attento ma le incombenze e le scadenze hanno preso il sopravvento; e volendo la lista potrebbe continuare ancora a lungo.
Ogni sensazione di fallimento nasce sempre da uno scarto che percepisci tra ciò che vorresti e ciò che puoi, tra i desideri e la realtà, tra la tua idealità e la nuda concretezza delle cose. È in quella frattura, in quello iato, in quel burrone che riconosci tutta la tua debolezza ed impotenza; è in quella voragine, che si frappone tra ciò che vorresti essere e quello che sei, che ci cela il dolore e la fatica.
Ti guardi allo specchio e vedi tutta la tua pochezza, la tua poca presa, le scarse energia che puoi mettere in campo. Ti guardi attorno e sei costretto a riconoscere come la realtà sia esattamente ciò che sfugge ad ogni pretesa, ad ogni imposizione, ad ogni voglia narcisistica, ad ogni rivendicazione o reclamo.
È così che con ogni fallimento la vita ci rimette al nostro posto, ci indica la via, ci restituisce la misura di chi siamo e di cosa possiamo. C’è una legge dura e spesso indigeribile in ogni esperienza di insuccesso: è la legge dell’obbedienza alle cose, della pazienza verso i tempi ed i momenti, della fortezza come la sola virtù che ci permette di sopravvivere.
Ma ogni fallimento è pure l’occasione, seppur dolorosa, di riprendere in mano le cose che contano, riassaporare ciò che dà gusto al tempo, di fare discernimento tra quanto è essenziale, vitale, vero. Forse è solo attraverso questa “porta stretta” che a ciascuno di noi è concessa la grazia di uscire dal proprio piccolo mondo ed entrare, con rinnovata speranza, nella pienezza della Vita.