I vocali con i colloqui avuti con lo psicologo durante il tempo della malattia: è questa la nuova impresa mediatica dei Ferragnez, in questo caso di Fedez, per essere preciso.
In un crescendo che non pare avere mai fine, finiscono così on-line conversazioni private, intime, parti di un percorso di supporto psicologico ed umano durante il quale il noto cantante esterna tutte le sue paure più segrete: il timore della morte, della dimenticanza da parte dei figli e della sofferenza.
È così che la grande star si scopre umana, fragile, esposta al dolore e alla morte. La divinità dell’Olimpo della musica diviene mortale, terrestre, concreta e, come tutti gli altri umani, condivide la precarietà dell’esistenza e la fragilità della vita. E questa, comunque la si pensi, è una buona notizia, per lui e per noi.
Tuttavia c’è un tratto disorientante in questa confessione, un punto di eccesso e di trasgressione che disturba, perlomeno per quello che mi riguarda. È l’ostentazione dell’anima, questa pubblicità degli affetti, l’esibizione di sé, di ciò che è intimo, personale e segreto. Il senso del pudore non è la vergogna dei sentimenti, ma la custodia di ciò che siamo, di quello che ci abita dentro e che non può diventare oggetto delle voglie altrui, che non può essere “cosificato”, mercificato, venduto o esposto a sguardi invadenti e morbosi
Quando tutto diviene cosa, merce, oggetto di scambio e di pubblicità, occasione di promozione o di vendita, insomma quando tutto perde la sacralità di ciò che personale ed intimo temo che si rischi una pornografia delle parole che degrada, umilia, svilisce e ferisce.
Ci sono cose che solo il silenzio sa custodire adeguatamente; altre che possono essere condivise solo nell’intimità dei cuori. Sono le cose che non solo dicono qualcosa di noi, ma che rivelano l’unicità della nostra persona e l’irrepetibilità di quello che siamo. Sono cose a cui ci si può avvicinare, come un moderno e laico roveto ardente, solo togliendosi i calzari e coprendosi il viso.