scuotere la polvere…

Sentirsi rifiutati, disconosciuti nel proprio valore, allontanati, emarginati è una esperienza che capita prima o poi a tutti. D’altra parte non possiamo pensare o pretendere di essere sempre accettati e capiti da tutti. In fondo, mi convinco sempre di più che siamo per pochi, siamo destinati a pochi, i soli capaci di onorare chi siamo e quello che facciamo.

Ciononostante l’esperienza del rifiuto possiede un tratto assai lancinante, doloroso, tagliente, capace di giungere al cuore provocando sanguinamenti difficili da sanare e ferite dure a guarire. Forse perché ogni rigetto va a solleticare quella paura che ciascuno di noi si porta dentro in forma ancestrale, quella di non valere, di restare soli, di non appartenere a nessuno.

Eppure, nonostante il dolore che segue ogni rifiuto, vi è un sentimento ancora più pernicioso e dannoso che da esso si genera: il moto del risentimento. È un sentimento malvagio, bieco, torvo e sinistro, che ti infetta il cuore, che toglie la gioia, che inquina la serenità e la pace interiore. È quella passione che ti spinge a “legarti a dito” quanto è accaduto affinché ti possa essere restituito davanti agli occhi migliaia di volte, come una ossessione perversa, un pungolo mai espunto, un atto paranoico e ripetitivo.

È forse da questo pericoloso nemico che ci vuole proteggere il famoso ammonimento al capito 10 di Matteo: “Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi”.  Letto un po’ di fretta rischia di essere interpretato come il gesto un po’ stizzito di chi non vuole avere più nulla a che fare con coloro che ci hanno rifiutato, tanto che anche la polvere attaccata alle scarpe, che potrebbe rappresentare un ultimo flebile legame con quella terra, deve essere rimossa.

Forse c’è dell’altro dietro e dentro quell’esortazione. Forse c’è l’ammonimento a far sì che il rifiuto subìto non si attacchi al cuore, non diventi un fatto “personale”, non si trasformi in un veleno che ammorba l’anima. Scuotere le polvere è il gesto di chi vuole restare libero dentro, non prigioniero del risentimento, della vendetta e del livore. Esso pare dire: “mi hai rifiutato ma non ti concedo il potere di avvelenare il mio cuore, di intossicare il mio spirito, di imprigionare la mia libertà”.

Come mi piacerebbe saper scuotere più spesso i miei calzari affinché la polvere dell’acrimonia possa cadere dal mio cuore! Come mi piacerebbe sperimentare una maggiore libertà verso le persone, sapendone pesare meglio il valore e l’affidabilità e sapendo lasciare andare chi non merita la nostra fiducia!


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