Capita che ci alberga un senso di inadeguatezza, quel sentimento di non essere all’altezza delle situazioni, dei legami e delle responsabilità che ci vengono affidate ed in cui siamo coinvolti.
È la percezione dolorosa di chi dice “Io non merito”, “io non valgo”, fino ad arrivare a stupirsi per l’affetto ed il riconoscimento che gli altri ci restituiscono: ci pare quasi una cosa ingiustificata, se non addirittura ingiusta giacché, stando ai nostri parametri, ci meriteremmo solo rifiuto, abbandono e sfiducia.
Accade così che percepiamo un gap tra quanto pensiamo di meritare e quanto ci viene donato, tra il valore che assumiamo di avere e quanto gli altri pensano noi.
Chi ha attraversato questi momenti, per taluni transitori, per altri assai più frequenti, conosce bene il dolore che si prova e quella sofferenza silenziosa che fatichiamo persino a condividere con chi ci è accanto. Non è un dolore tra gli altri, non è un patimento generico, perché afferisce al nucleo sorgivo della nostra identità, ciò che fa di noi una persona unica, singolare ed irripetibile.
La cosa davvero difficile da digerire è che questo senso di inadeguatezza funziona come uno schermo deformante attraverso il quale percepiamo la realtà e gli altri. Coloro che sperimentano questa insufficienza tendono a ricercare conferma di questa loro convinzione in tutto quello che accade loro. Come veri profeti di sventura, essi tendono a deformare ogni avvenimento, ogni problema, ogni fatica o fallimento come la “prova provata” di quello che pensano.
Si entra in un circolo vizioso: penso di non valere ed interpreto tutto quello che mi accade come una conferma di questa mia convinzione. Si rischia una dinamica di loop: la nostra immagine è riflessa in una sequenza interminabile di specchi, ciascuno dei quali deforma ulteriormente il nostro volto fino a renderlo irriconoscibile.
Come se ne esce? Come aiutare qualcuno che è stato risucchiato in questo vortice? Onestamente non lo so.
Penso che talvolta l’unica cosa che possiamo fare è stare accanto alla persona come specchi fedeli, fedeli non solo perché la nostra presenza sia affidabile, ma anche perché ci sforziamo di restituire all’altro il senso del suo valore e della sua bellezza. Talvolta l’amicizia consiste solo in questo: donare all’altro quella profondità, quella altezza e quella bellezza che gli dà solo non è più in grado di ammirare in se stesso.