“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico…” forse qualcuno ha riconosciuto questo incipit: è l’inizio del racconto della parabola del buon samaritano. Un uomo è in viaggio verso Gerico, attraversando una zona deserta, e viene assalito dai briganti che lo lasciano mezzo morto. Passano su quella strada un sacerdote ed un levita e lo ignorano; solo un samaritano, ossia uno straniero, si ferma e si prende cura di lui.
Roba d’altri tempi? Non proprio… Stamattina ho assistito ad una versione moderna di questo racconto: “Una donna incinta saliva sul treno verso Milano…” Il treno era pieno ed i posti a sedere erano finiti. C’era molta gente su quel treno, gente istruita, colta, qualcuno anche con lunghe esperienze di volontariato alle spalle, ma nessuno si accorse di quella donna. Da parte sua lei non chiese nulla, non affermò alcun diritto o precedenza, benché questo fosse nelle sue possibilità. Solo una ragazza indiana, seduta accanto a me, notò il grembo della donna e, con un gesto gentile e naturale, si alzò e cedette il posto.
Io ero troppo immerso, ahimè, nelle mie letture per accorgermi di quello che mi accadeva attorno, un po’ come quel sacerdote che, battendo la strada impolverata giù da Gerusalemme, forse era concentrato in qualche profonda meditazione.
Chi è il mio prossimo? Chi è il mio fratello? La domanda rimbalza nel tempo e giunge dalla lontana Giudea alla verde pianura padana. Chi è il mio prossimo? Stamattina il mio prossimo era quella donna incinta, in piedi accanto a me; peccato che i miei occhi non l’abbiano riconosciuta tra la folla… «Mio Dio, se tu sei dappertutto, come mai io sono così spesso altrove?» (Madeleine Delbrêl)