festa della mamma

La parola “maggio” deriva dal sanscrito “Mahi” che indica la “Grande Madre Terra”. È proprio in questo mese infatti che la Madre Terra esplode in tutto il suo splendore, con una fioritura di erbe, arbusti e fiori che ha dello straordinario. Maggio è davvero il mese in cui queste dimensione generativa dalla natura la si coglie in tutta la sua forza ed intensità. Non è un caso che nel mezzo di questo “mese dei fiori” celebriamo la festa della mamma. È la natura stessa che ci predispone ad ammirare e ad apprezzare il grembo della vita capace di generare un nuovo essere. E questo non in modo astratto o formale, ma nel modo più carnale possibile: festeggiando quel grembo unico che ci ha dato la vita, quell’individuo meraviglioso ed irripetibile che ci ha messo al mondo. Nostra madre.

Nella festa della mamma festeggiamo la donna nella sua capacità generativa e feconda, ossia nella possibilità, che solo lei possiede, di diventare culla di un nuovo uomo; onoriamo la donna che ci ha aperto alla vita, proprio facendo memoria di quel gesto procreativo che è stato all’inizio della nostra persona.

È vero che il rapporto tra l’essere mamma ed essere donna, consolidato e definito per secoli è diventano, a partire del novecento un fatto quanto mai problematico. C’è stato un tempo un cui l’essere donna si risolveva nell’essere mamma: il ruolo ed il valore della donna nella società coincideva con la sua capacità di far nascere figli. L’essere donna significava essere madre e viceversa. La rivoluzione sessuale del ’68 ha rotto questo assioma e ha proposto una immagine di femminilità sganciata dalla maternità: potremmo dire una donna senza madre. La cosa si è ulteriormente articolata in tempi recenti: grazie alla tecnica siamo giunti ad un potere generativo che prescinde dalla natura femminile. Una “madre” senza donna…

Pare che la cultura si stia muovendo per rimuovere il ricordo del nostro essere “figli di”, nati dalla pancia di una donna che ci ha posto nella vita attraverso la sua vita. È quello che sostiene la filosofa contemporanea Maria Zambrano. Oltre alla rimozione della nostra morte, come sostiene Freud, la cultura contemporanea fa un’altra censura: quella della nostra nascita. La libertà moderna si afferma negando il fatto che noi siamo nati, che non ci siamo fatti da soli. Questa rimozione ha una ragione specifica: essere stati generati ha delle implicazioni serie: di rispetto, di gratitudine, di fratellanza. Di senso del limite.

 


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