Sta divenendo legge (manca solo la firma del capo delle stato) il provvedimento che rende illegale (e quindi perseguibile) in Polonia anche solo parlare o alludere ad una possibile corresponsabilità della popolazione polacca alla tragedia della Shoah. Chi viola la legge rischia fino a tre anni di reclusione, anche se a preferire parola è un testimone oculare dell’accaduto, ossia un sopravvissuto.
Insomma, i polacchi si sono autoproclamati “innocenti” per legge, estranei ai fatti per una deliberazione del proprio parlamento, incuranti delle numerose testimonianze storiche circa la partecipazione di singoli cittadini polacchi o gruppi di polacchi alla persecuzione degli ebrei, che in Polonia avevano allora la più numerosa comunità in Europa.
È sorprendente questo fatto ed anche un poco inquietante, ad essere onesto: “assolti” per un decreto del legislatore, “puri” per diritto, “irreprensibili” per sentenza. Come se la storia la si potesse cancellare con una semplice norma, come se la sofferenza di milioni di persone potesse essere dichiarata “fuori dalla giurisprudenza” solo in nome di un revisionismo un po’ spiccio e sommario.
Nessuno intende colpevolizzare l’intero popolo tedesco, in verità prima vittima della ferocia nazista, né alludere ad una generale imputabilità di ogni uomo di quella nazione. Il punto qui non è decidere chi abbia responsabilità o chi no, ma immaginare che l’esito di questo necessario processo storico di valutazione possa essere, un po’ rozzamente, sostituito da una legge dello stato, che risolve, in un batter d’occhio, l’intera questione.
Anche perché, su questa strada, si possono tagliare nuovi traguardi “interessanti”: cancellare per decreto la povertà, rendere fuori legge l’inquinamento, rivedere, in forza della legge, le pagine più controverse della storia e magari, perché no, vista l’aria che tira da quelle parti, abolire la teoria copernicana e stabilire per legge che la terra è piatta. Chissà…