La cosa che più mi affascina dei libri è il loro periodo di gestazione, quel tempo in cui le parole prendono forma nella mano dell’autore e crescono, si sviluppano e maturano, come fa un seme nella terra ed un bimbo nella pancia di sua mamma, in modo silenzioso e nascosto, lento e progressivo.
Il bello, ed in qualche modo, la forza di un blog come questo consiste nella possibilità di arrivare in modo diretto al lettore, senza barriere di tempo e di spazio, quasi in una immediatezza che connette la mano di chi scrive con gli occhi di chi legge. Il libro no. Esso subisce un processo totalmente diverso, la sua dinamica di crescita segue leggi differenti ed autonome. Il libro nasce nella solitudine, in quello spazio abitato solo dalla pagina bianca e dalla penna dello scrittore, uno spazio privato, intimo, nascosto. Non germoglia sotto la luce dei riflettori, non ci sono applausi o commenti quando le frasi prendono vita, ma solo silenzio e solitudine. O meglio, solo quel dialogo muto che lo scrittore pratica con se stesso.
Quando prendo tra le mani un libro e ne sfoglio le pagine, mi accade di immaginare quei lunghi momenti, forse mesi, forse anni, in cui quelle parole sono state generate; mi piace immaginare quel lento processo di incubazione grazie al quale il racconto ha preso forma, consistenza e spessore. Ripenso a quando la mano dello scrittore iniziava a tracciare i primi segni sulla carta, imbastiva la storia, cuciva la narrazione, dava anima ai suoi personaggi, tesseva la tela del racconto. Allo stesso modo amo pensare ai tentennamenti, ai ripensamenti, ai cambi di direzione, alle correzioni, alle parole riscritte mille volte alla ricerca di quella buona.
E la cosa straordinaria è quel silenzio, quell’anonimato, quella solitudine che costituisce quasi il grembo di quella gestazione. Sono giorni di ritiro, di esercizio solitario e nascosto, giorni in cui il seme precoce e fragile non può ancora venire al mondo, serve tempo e pazienza, occorre cura e applicazione perché diventi pronto per la germinazione e la fioritura.
Eppure quel tempo vuoto, solo, nascosto non è tempo inutile né sprecato: è tempo della generazione, che procede lenta secondo i tempi della terra e della natura.
Forse non solo i libri ma ogni cosa bella della nostra vita ha visto la luce nel nascondimento: un’amicizia, un amore, una passione, un interesse, una decisione, una scelta, una determinazione. Forse le cose per nascere hanno bisogno di quel grembo riservato che le sappia custodire e nutrire, quello spazio nel quale, lontano da prese inopportune e sguardi voraci, abbiano la possibilità e la libertà di divenire, di crescere e di accadere.
È così affascinante quando afferriamo tra le mani un libro fresco di stampa, con quell’odore inconfondibile di novità e giovinezza, pensare a quelle ore silenziose di nascondimento in cui egli ha preso forma; ai giorni in cui le sue pagine si formavano lontano da tutti e da tutto. È bello pensare a quell’evento di nascita, che, come ogni nascita, non può essere né detto né visto.