Ieri sera abbiamo tutti toccato con mano uno degli aspetti più tipici (e mio avviso più inquietanti) di quel fenomeno che cade sotto il nome di “populismo”, ossia la concezione assoluta (letteralmente ab-solutus, cioè sciolto, senza vincoli né limiti) dell’esercizio del potere. Secondo questa nuova dottrina, che tanto affascina e convince di questi tempi, il consenso ottenuto con il voto abilita ad un esercizio senza limiti del potere, conferisce un’autorità a compiere scelte in modo autonomo ed indipendente, senza controlli, senza contrappesi né vincoli costituzionali.
Diventano così un mantra quelle parole della nostra Costituzione che sanciscono che la “sovranità appartiene al popolo”. Come ogni eresia che si rispetti, ecco che si pretende di considerare una “verità totale” quello che ne è solo un suo aspetto. È sempre stato così nella storia: ogni movimento “eretico” (e non do a questo termine un’accezione religiosa) ha sempre preteso di elevare un pezzo di verità (di per se stessa buona e meritevole) a verità “totale”, eliminando e rimuovendo gli altri “pezzi di verità” che hanno uguale diritto di cittadinanza. E così, per tornare al nostro esempio, è vero che “la sovranità appartiene al popolo”, ma la Costituzione asserisce anche che essa viene esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ossia nessuno si può fare interprete unico della volontà popolare; nessuno può ambire a diventarne l’unico avvocato ed esegeta.
La democrazia è tale perché il potere lo si esercita all’interno di un sistema costituzionale che lo limita e lo controlla. Altrimenti che differenza ci sarebbe con la dittatura? Anche lì si vota e chi vince governa…
Nel nostro sistema costituzionale, che piaccia o no (ma direi che piace, visto che la maggioranza delle forze politiche lo hanno strenuamente difeso nell’ultimo referendum costituzionale) la volontà del popolo si esprime in maniera composta, poliedrica, in modo corale si potrebbe dire e nessuno può pretendere per sé il ruolo di solista.
È fastidioso tutto questo? Può essere… Si può migliorare? Senza dubbio… ma non con forzature e conflitti ma attraverso quel processo di riforma prevista dalla carta stessa.
Mi spiace per coloro che hanno vissuto tutto questo come un vulnus ai propri diritti, ma non è la prima volta che il Presidente della Repubblica “mette il becco” nella nomina dei ministri, nell’esercizio delle prerogative che la carta gli riconosce. È che prima questo conflitto avveniva all’interno di una dialettica aspra ma sana e funzionale tra i diversi poteri, in modo anche duro ma rispettoso.
È ovvio però che se si vive il successo elettorale ricevuto come un’unzione divina ricevuta dal popolo che anticipa l’avvento di una nuova Era Messianica… Beh allora è normale che si viva ogni limite e vincolo come un tradimento dei volere del popolo che si palesa misticamente nei propri progetti.
Ma non penso proprio che di tradimento si tratti… è solo la democrazia, piaccia oppure no.