Osservavo questa mattina in treno il mio vicino di viaggio: come molti altri passeggeri era impegnato con il suo smartphone, curiosando qua e là su vari social. Notavo incuriosito lo “stile” di lettura a cui i social ci abituano e, ahimè, ci educano. Il suo era uno correre quasi frenetico tra i vari post, con l’indice della mano che scorreva le pagine a cui il lettore concedeva una veloce e superficiale occhiata. Giusto il tempo per intuire il contenuto e poi via, verso il post successivo. La parola o l’immagine hanno solo il tempo di lasciare una superficiale impressione, una sensazione fugace. Solleticano i sensi ma in modo talmente repentino che nulla resta davvero, come una piuma che si deposita provvisoriamente sulla mano in attesa che una debole folata di vento la porti via.
Pensavo alla fatica fatta alla sera prima per convincere i figli a spendere qualche mezz’ora sulle pagine di un libro e devo confessare che è difficile non simpatizzare con la loro ritrosia verso la lettura.
Leggere è ciò che di più lontano ci sia dalla frequentazione di un social media: la lettura è un processo lento, quasi monotono, che esige la capacità di “stare in un posto”, di abitare un testo, di digerire con lentezza le sue parole, come una pigra ruminazione. Certo che la parola scritta sollecita i sensi ma lo fa in modo più sofisticato, in modo meno immediato e “violento”. La parola istituisce una sospensione, una rottura del flusso istintivo delle emozioni, un interruzione al sequestro emotivo a cui invece le immagini ci espongono.
Le sensazioni che la parola sanno suscitare accedono ad un livello più profondo e vitale; esse, a differenza della piuma, della cui presenza sulla mano manco ti accorgi, sanno ferire, lasciare un segno del loro passaggio, sono capaci segnare il loro transito, lasciando tracce nella memoria che permangono nel tempo.
Nel tempo del “mordi&fuggi” la lettura è un antidoto alla superficialità, alla fugacità e alla fruizione compulsiva. Obbliga a dimorare un luogo, a diventare familiare con i rumori e gli odori, a riconoscere i deboli cigolii che rendono un ambiente intimo e affidabile. La parola scritta obbliga a scendere dentro le cose, ad andare in profondità, a non accontentarsi dell’emozione epidermica del mondo, per addentrarsi in quel tesoro inesplorato che giace sotto la crosta.