Oggi la giornata non è granché: grossi nuvoloni coprono la terra ed il mare sicché la spiaggia è pressoché deserta. Possiamo scegliere il posto che più ci aggrada e sistemare le nostre cose in libertà, senza dover spartire lo spazio con altri né negoziare un metro di sabbia in più.
Questa “solitudine” porta con sé un inevitabile silenzio: ci sono momenti in cui senti solo il frangersi dolce delle onde sulla riva ed il gracchio ritmico e costante delle cicale nella pineta alle nostre spalle. Nient’altro. Confesso che ero tentato di accendere la radio per rompere questo silenzio “assordante” ma il buon senso ha fortunatamente prevalso e l’assenza di suoni ha avuto la meglio.
È proprio in questo “strano” ed inusuale silenzio che mi passa sotto gli occhi la frase del Salmo 83 “Beato chi abita la tua casa!” Se leggete con attenzione ed un poco tra le righe, il salmo gioca un po’ con questo “equivoco” di fondo: di quale casa sta parlando il salmista? Quale casa egli sta ammirando? La casa del santuario di Gerusalemme o la casa della creazione, dove “anche il passero trova la casa, la rondine il nido” ? O forse parla di entrambi, giacché l’uno rimanda all’altro e viceversa? Chi è dunque beato? Colui che abita il tempio di Sion o colui che abita la terra, il cosmo e tutto il creato?
Forse lo spettacolo della natura che mi circonda, il sussurro del vento, lo sciabordio delle acque, il profumo delle erbe, quella brezza fresca a leggera che mi accarezza la pelle, forse tutto questo sono i ministri della Liturgia del Cosmo, i cantori della Gloria della Casa di Dio, i suoi munifici sacerdoti… Forse il mare vasto ed azzurro è il Suo altare, il cielo sconfinato il Suo tabernacolo, la terra feconda l’atrio delle Sue stanze..
Forse allora io sono colui che è “beato”, perché posso dimorare nella casa di Dio, perché posso abitare un “dove” con fiducia e speranza, luogo affidabile e propizio, terra ordinata e feconda. Forse allora ogni uomo è “fortunato” nella misura in cui sa riconoscere che l’habitat che egli vive è anzitutto Casa, luogo solido e stabile, terra vivibile, non ostile o minacciosa, ma fidata e quindi affidabile.
C’è una forza salda e permanente che abita le cose, che le sostiene nell’essere, che impedisce loro di diventare cose effimere e volatili. È quella forza che garantisce la permanenza dell’essere, che consente al tutto di “stare” nonostante il fluire del tempo.
È quella forza che il salmista ammira nelle possenti mura del tempio, nella sua struttura maestosa e possente. È quella stessa forza che occhi sensibili ed innamorati sanno intravedere in quella straordinaria Liturgia che risuona nelle cose di questo mondo, nella bellezza del creato, nella magnificenza dell’essere.