l’arte e lo sguardo

Condivido oggi un articolo pubblicato sull’inserto de Il Cittadino “Dialogo”, curato dell’ AC di Lodi. E’ il racconto di una suggestiva visita alla collezione d’arte Paolo VI di Concesio, terra natale del papa bresciano. E’, allo stesso tempo, un invito a visitare la collezione, se vi trovate da quelle parti.

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Ci possono essere varie ragioni che motivano una visita alla Collezione d’arte contemporanea “Paolo VI” di Concesio, paese natale del Papa bresciano. Le ragioni diventano ancora più numerose se questa visita è fatta all’interno del percorso della tre giorni associativa di inizio giugno, nel quale si mette a tema il valore del discernimento comunitario, non solo come categoria teologico-pastorale ma anzitutto come prassi ecclesiale, come esercizio fattivo di corresponsabilità e di sinodalità.

Vi è innanzitutto la passione per la bellezza, per l’arte, quella naturale predisposizione per quanto di bello l’uomo è riuscito a rappresentare, quasi come un piccolo spiraglio aperto su Mistero.

Vi è poi la lezione profetica di Paolo VI, quel suo desiderio di riconciliarsi con gli artisti, a lungo visti con sospetto e distacco dalla comunità ecclesiale. Questa scelta di riconciliazione nasce dalla volontà profonda del papa di entrare in fecondo dialogo con la cultura contemporanea, con il mondo del sapere e con le tendenze che animano la modernità, affinché il Vangelo possa davvero risuonare nuovamente in ogni angolo della terra e parlare anche all’uomo di oggi.

È profonda la sintonia che caratterizza il legame tra il papa bresciano e l’Azione Cattolica:  basta prendere in mano alcuni dei numerosi discorsi tenuti da ex-assistente della FUCI ai soci di AC, per rendersi conto non solo di come il pensiero del papa sia straordinariamente attuale e moderno, ma anche dell’affetto sincero che trasuda dalle sue parole, quel suo riconoscersi ed apprezzare il percorso ed il servizio dell’associazione. Verrebbe quasi da dire: il suo “sentirsi a casa” in Azione Cattolica tradisce la sua ispirata sim-patia (etimologicamente il “sentire con”) verso l’AC.

Certo tutto questo e forse molto altro si potrebbe aggiungere per giustificare una tale visita. Ma vi è poi una ragione forse meno ovvia ed evidente a legittimare questa esperienza, e che è capace di rendere i minuti spesi nella mostra un vero momento di Grazia.

Penso che ogni discernimento pastorale nasca da una conversione del cuore, e che tale conversione del cuore si debba tradurre, prima di tutto, in una conversione dello sguardo. Mi chiedo se il senso della nostra testimonianza non sia solo quella di “trasformare” il mondo ma, prima di tutto, di annunciare che uno sguardo diverso sulla realtà è possibile. Possiamo “cambiare le cose”, ma possiamo anche “guardare alle cose” con uno sguardo nuovo: anche questo è Vangelo!

La prima conversione che possiamo efficacemente compiere riguarda anzitutto noi stessi ed il nostro modo di guardare il mondo, il tipo di lenti che indossiamo per osservarlo. Potremmo accorgerci di cose sorprendenti e meravigliose, come ad esempio che Dio è all’opera nella nostra vita ed in quella dei fratelli che vivono con noi. Certo, servono occhi capaci di scorgere la sua presenza fedele e provvidente anche là dove non ce l’aspetteremmo, là dove non avremmo pensato di trovarla. I padri della Chiesa ci hanno insegnato che vi sono dei “semina verbi”, ossia dei semi del Verbo, sparsi tra le zolle della nostra vita e solo occhi attenti e sguardi curiosi e sensibili li sapranno individuare.

Ecco allora che la visita alla collezione Paolo VI può diventare una straordinaria ed affascinante esperienza di “educazione allo sguardo”, lo stimolo per osservare le cose con occhi nuovi, capaci di lasciarsi interrogare ed interpellare, capaci di curiosità ed interesse, capaci di simpatia e compassione.

In fondo non era questo lo sguardo che il Figlio aveva sulla realtà, sul mondo e sulle persone? Quello sguardo capace di riconoscere, in un semplice giglio di campo, una bellezza ben superiore a quella delle sontuose vesti del grande Re Salomone.


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