Buonasera!

Il treno è sempre un luogo affollato, gente che sale, gente che scende. Viaggi continuamente circondato da persone, talvolta costretto ad un contatto così serrato da diventare fastidioso.

Il viaggio potrebbero essere un’esperienza, per sua natura, comunitaria: sali su una carrozza insieme ad altri, ti muovi verso la stessa metà, siedi fianco a fianco, respiri la stessa aria, ascolti le medesime conversazioni…

Eppure non sempre questa forzata convivenza si trasforma in compagnia; anzi, proprio la permanenza forzosa sulla stessa carrozza, trasforma i tuoi vicini in perfetti estranei che ti stanno, provvisoriamente e fastidiosamente accanto, quasi invadendo il tuo spazio e disturbando la tua quiete.

Assomiglia un po’ alla vita: non è detto che coloro con i quali condividiamo momenti ed esperienze siano necessariamente dei “compagni di viaggio”, piacevoli e benvenuti. Spesso ne faremo volentieri a meno ma siamo come costretti alla loro compagnia proprio come in treno. Non basta essere sulla stessa carrozza, attorno allo stesso tavolo in ufficio o in classe, calpestare lo stesso campo di basket o di calcio, agitarsi sulla medesima pedana in discoteca o sedere sul sedile vicino di un’auto per dirsi “vicini”. Serve qualcosa di più e di diverso perché questa connessione dei sensi abbia luogo.

Pensavo questa cosa l’altra sera, mentre sedevo sulla carrozza del mio treno per tornare a casa. La vettura era stranamente affollata e diversi passeggeri erano costretti a viaggiare in piedi. Ad una fermata la mia vicina di sedile si alza per scendere, sicché, in modo un po’ automatico, scalo di un posto per lasciare il sedile ad uno delle persone in piedi.

Si tratta di una ragazza paffutella e dal volto sereno, che mi sorride e mi ringrazia per il mio gesto, onestamente fatto un po’ sovrappensiero. Anche la mia nuova vicina di sedile arriva alla sua stazione: raccogliere le sue cose per scendere e, prima di dirigersi verso la porta, con mia sorpresa, si volta e, sorridendo, mi dice “buonasera”.

Una cosa normale, penserete voi… mica tanto, se avete un po’ di esperienza da pendolari: non è usuale salutare i vicini di posto che salgono e che scendono ad ogni stazione.  Ecco quindi che quel saluto inatteso mi ha piacevolmente compito. Ho pensato così che basta davvero poco per trasformare qualcuno da casuale passeggero a compagno di viaggio; forse è sufficiente un saluto, un semplice gesto di riconoscimento capace di riconoscere la presenza dell’altro e il suo esserci accanto a noi.

Basta un semplice “buonasera” per trasformare un estraneo in uno con cui hai condiviso un pezzetto di strada.  Vale sulla carrozza di un treno, vale anche nel viaggio della vita…


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