Mi domando, dopo aver letto alcune dichiarazioni dei nostri politici, se questi abbiano mai avuto l’occasione di incontrare una famiglia affidataria, di entrare in una comunità familiare o di fare la conoscenza di uno dei mille enti che si occupano di accoglienza per minori.
Lo dico perché le loro parole descrivono un mondo assai distante dalla realtà delle cose. Non so se è una meschina strategia elettorale o se è proprio una loro incapacità a comprendere ed interpretare questo complesso mondo: magari abituati come sono a leggere la realtà in termini di potere ed influenza, sono quasi “strutturalmente” inadatti a capire questa realtà, che segue logiche completamente diverse.
L’istituto dell’affido familiare è una delle forme più straordinarie ed impegnative di solidarietà sociale che io abbia conosciuto. Per una famiglia “normale” scegliere di accompagnare temporaneamente una famiglia in difficoltà, occupandosi dei loro figli, è un gesto incredibile di donazione e di responsabilità. I bambini in affido provengono spesso da situazioni familiari complicate e segnate da sofferenze e disagio. Scegliere di accogliere un bambino nella propria rete familiare significa rendersi disponibili ad affrontare e gestire una lunga serie di problemi, difficoltà e tensioni. Credetemi: difficilmente quei quattro soldi che vengono dati possono anche solo lontanamente compensare lo sforzo.
L’aspetto davvero eroico di questa accoglienza è la natura intrinsecamente provvisoria dell’ospitalità: ti è chiesto di accogliere un bimbo, accompagnare la sua famiglia, supportarlo nel suo percorso di crescita, aiutarlo ad affrontare le sue fragilità, anche correndo il “rischio” di creare legami affettivi profondi e ricchi. Ma ti pure chiesto di vivere la consapevolezza che tutto questo sarà a tempo, per un periodo, si spera, limitato, solo per un tratto, più o meno lungo, di strada. Poi dovrai lasciare andare, vivere la separazione ed lutto dell’addio. In fondo l’affido sarà riuscito nella misura in cui saprà esaurirsi in un tempo limitato, giusto quello che serve all’altra famiglia per riprendere un po’ di stabilità affettiva, economica e relazionale.
Qualcuno riesce ad immaginare qualcosa di più generoso e disinteressato? Io onestamente faccio fatica… Eppure la rappresentazione che se ne sta dando allude a soldi, interessi personali, violenze, prepotenze ed affari…Insomma, parla di un mondo che è “altro” e che riguarda qualche esigua situazione degenerata e non certo la normalità di questa esperienza.
Queste straordinarie famiglie vivono un senso di cura e di responsabilità sociale che è un bene incommensurabile per la nostra comunità. Mi ricordano molto la figura del “servo inutile” di evangelica memoria: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»”.
Ci vuole davvero molta forza e determinazione per vivere questo dono totale e disinteressato verso qualcuno che, fino a prova contraria, resta un perfetto sconosciuto. È, in fondo, un piccolo anticipo di paradiso…