dolcetto o scherzetto?

La globalizzazione passa anche attraverso questo: nel nuovo villaggio globale anche le tradizioni, le feste e le celebrazioni si contaminano, sicché  è ormai divenuto normale celebrare delle feste che non appartengono alla nostra tradizione ma che sono state, in qualche modo, “importate” da altre culture.

È un po’ il caso di Halloween: fino a pochi decenni fa, assistevamo ai riti di Halloween un po’ da lontano, giusto attraverso qualche servizio televisivo che, nella rubrica di costume, amava raccontare di queste strane usanze americane. Nel giro di pochi anni ciò che appariva lontano e forestiero è divenuto familiare e condiviso. Così in questi giorni è tutto un susseguirsi di maschere, zucche, travestimenti dall’aspetto spettrale, un po’ inquietante e macabro. C’è come un’enfasi per tutto quanto ha che fare con la morte: scheletri, teschi, zombi, voci e urla dall’aldilà, atmosfere mortifere e dal tono angosciante

Forse è proprio questo l’aspetto più “esotico” della faccenda: il modo ed il tono con cui la morte è raccontata. Non stupiscono mascheramenti e zucche vuote (dal sapore un po’ carnevalesco) né quei giochetti tipo “dolcetto o scherzetto?” che fanno i bambini per racimolare qualche caramella, né tanto meno quella passione per le atmosfere un po’ noir che richiamano tanto Alan Poe

No, forse il vero elemento “spurio” è il modo con cui la morte viene raccontata, descritta e menzionata. La morte, da fatto serio della vita, narrato con il tono della tragedia e della commedia, del dramma e della farsa, diviene qualcosa da sbeffeggiare, da deridere, da schernire e dileggiare. La morte cessa di essere un dato ineludibile con cui l’età adulta deve fare i conti, per trasformarsi in una occasione di divertimento per bambini. La morte (e tutto quanto le si riferisce) diviene un po’ come Arlecchino e Colombina: buffe maschere, buone per una festa di carnevale.

Dubito che questa fosse l’anima autentica della festa di Halloween; di sicuro però questo è lo stile che ha assunto nella nostra traduzione in salsa italica.

Nulla di grave, intendiamoci; nulla per cui strapparsi le vesti. Mi chiedo solo se girare bussando porta a porta, chiedendo “dolcetto o scherzetto?” possieda la medesima capacità di iniziare ed educare alla vita che garantiva quel gesto, forse meno plateale e divertente, di portare un mazzo di fiori sulla tomba di un caro defunto, passando qualche istante in silenzio in suo ricordo.

La visita al cimitero introduce alla serietà e alla verità dell’esistenza; temo che fantasmi e zucche vuote lo facciano con meno efficacia.


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