Forse dovremmo imparare a togliere un po’ di quella patina di melassa che ricopre spesso l’immagine della Santa Famiglia, che oggi la liturgia ci inviata a celebrare: ci sono toni un po’ troppo melensi, colori sfumati e tenui, atmosfere eteree che rischiano di tradire la vicenda, a tratti drammatica, di quelle tre persone, che, loro malgrado, si sono trovate protagoniste di una storia che di smielato credo abbia davvero poco.
La forza e la bellezza di questa festa sta nel riconoscere come anche la famiglia di Nazareth abbia attraversato fatiche ed incomprensioni, avversità e problemi, un po’ come tutte le famiglie “normali” che vivono su questo pianeta. Chi è genitore o figlio queste cose le sa bene: vivere in famiglia spesso è qualcosa di assai faticoso, di complicato, che non ti lascia mai sereno e gaudente spettatore.
Intendiamoci: la famiglia è una delle cose più belle che possa capitare ad una persona. Tuttavia dipingerla come una specie di paradiso in terra, beh, basta viverci per un mesetto per accorgersi che non funziona proprio così. Mi viene il sospetto che chi incensa la famiglia in maniera così stereotipata e unidirezionale, forse in famiglia non ci ha mai vissuto.
E le pagine del Vangelo, come accade sempre, ci restituiscono proprio la serietà e la fatica del vivere insieme.
Provando a silenziare un attimo le dolci nenie natalizie, tutte zucchero e neve, tentiamo di guardare alle cose nella loro essenzialità. Giuseppe scopre che la sua promessa sposa è incinta ma non per merito suo: pensate che cosa può essere accaduto nel suo cuore al pensiero che la donna che vuole sposare lo ha tradito con un altro. Sì, certo, poi arriva la rassicurazione dell’angelo in sogno…a voi avrebbe tolto qualunque sospetto? Mah… Poi c’è la storia del censimento: la giovane coppia, in felice attesa del primogenito, deve fare un lungo viaggio per farsi registrare, viaggio compiuto in uno stato di gravidanza avanzata e conclusosi con un bel soggiorno in una grotta, perché per loro spazio in albergo proprio non c’era. Arrivano poi i giorni del parto, vissuto in solitudine e senza la vicinanza di amici e parenti, ma con la visita di qualche pastore della zona…non ci si potrebbe attendere nulla di meglio…
Pensate a quei due poveretti: soli, lontano da casa, con un neonato di cui occuparsi e con i potenti del posto che vogliono farlo fuori…un inizio col botto direi. Ma le cose non finiscono qui: per evitare che il bambino venga ucciso i due se ne devono andare addirittura all’estero, in Egitto, e là attendere che arrivino tempi migliori. Pensate che Maria e Giuseppe abbiano affrontato tutte queste peripezie con il sorriso sulle labbra? Chissà che litigi, conflitti, che ansie e preoccupazioni… due giovani genitori, come lo siamo stati tutti, in preda di eventi incontrollati e incomprensibili…
Insomma, voglio dire che è bello e dolce pensare alla dolce e perfetta famiglia di Nazareth, su cui proiettare i sogni di una paternità riuscita, di una maternità affettuosa, di una comunione che sa tanto di Cielo… va bene… però non dimentichiamoci che se la famiglia di Nazareth può ancora essere un modello per noi, è proprio in virtù delle fatiche che ha patito, delle sofferenze che ha provato, degli incidenti che le sono accaduti e dei drammi che ha dovuto affrontare, come tutte le famiglie che conosciamo.
Quella famiglia è perfetta non perché non ha avuto problemi ma perché, nonostante essi ed attraverso di essi, non ha cessato di volersi bene l’un l’altro.