“Mille e non più mille”, si racconta si dicesse alle soglia del anno 1000, esprimendo un sentimento di preoccupazione, quasi rapiti da un’attesa apocalittica. Speriamo che non valga lo stesso per questo piccolo blog che, con questo post, raggiunge il traguardo del millesimo articolo. Quando, più di quattro anni, fa iniziava questa piccola avventura, non avrei scommesso un penny che saremmo giunti a questo punto, con così tante parole scritte e tante storie e pensieri condivisi con molte persone. Questo piccolo spazio virtuale è diventato, giorno dopo giorno, una sorta di diario di bordo, attraverso il quale partecipare ad un gruppo di amici, altrettanto virtuali, pensieri, racconti ed emozioni.
Parrà un particolare banale ma non lo è affatto: passare l’esperienza quotidiana al setaccio della parola scritta è un’operazione talvolta faticosa ma sempre estremamente feconda e generativa, giacché permette a quello che accade nella vita di essere accolto e custodito, riconosciuto ed interiorizzato. Consentire alla parola di dare forma a quel magma incandescente che sono le ore ed i minuti che compongono la giornata ha a che fare con la dimensione di senso che costruisce ed orienta la nostra esistenza.
Assomiglia molto al lento e attento lavoro del muratore che erige muri e da forma alla casa in costruzione: afferra un mattone da terra e valuta in quale posizione è più opportuno che esso venga posizionato. Non va bene un posto casuale: ogni mattone possiede una propria fisionomia che richiede uno specifico posizionamento. Lo stesso vale più o meno per le cose che ci accadono: occorre avere la pazienza e la cura di “afferrarle” e di capire in che modo possono essere utilizzate per edificare la casa della nostra vita.
Per quanto mi riguarda, se la scrittura ha a che fare con l’arte, si tratta dell’arte di costruire la propria identità; se, in qualche modo, racconta la bellezza del mondo, questa è quella che promana da una identità armonica e riconciliata, rappacificata e sensata. È vero che la scrittura afferisce alla dimensione estetica della vita, ma a motivo del fatto che essa educa i sensi ad accogliere e celebrare la sensibilità e la sensatezza del reale, investigando e penetrando anche gli anfratti più reconditi.
È forse per questo, o meglio “solo per questo”, che ha senso augurarsi “mille di questi giorni!”