Che cosa puoi domandare di più dopo che hai donato ciò che di più prezioso possedevi? E non parlo di soldi, gioielli, proprietà o immobili…
Pensavo a questa domanda quando ieri sera Simona e Carlo ci raccontavano la loro recente esperienza di affido familiare. Già genitori biologici di tre figli, Simona e Carlo hanno deciso di spalancare le porte di casa ad altri tre figli affidatari: una ragazzina preadolescente e due fratellini di pochi anni.
Per gente semplice e comune come noi, che non possiede particolari agiatezze, che cosa può esistere di più prezioso dell’amore coniugale e genitoriale, quell’affetto che nasce dalle viscere e che sperimenti verso la compagna della tua vita ed i tuoi figli? È proprio a questo “patrimonio” che la giovane coppia ha attinto quando ha scelto, con generosità e coraggio, di “disperdere” questa ricchezza fuori dal recinto familiare.
Ebbene: finché si tratta di condividere qualcosa di periferico e marginale della nostra vita, la cosa si può anche fare, ma quando si tratta di spezzare il pane degli affetti più intimi e profondi, è allora che la cosa si fa assai più difficile ed ardua; quando la condivisione avviene fuori dalla porta di casa nostra ci può stare, ma consentire a questo desiderio di donazione di superare la soglia della nostra intimità, beh a quel punto il gioco sale decisamente di livello e si fa tutto più complicato ed impegnativo.
Capite allora perché c’è molta ammirazione e stima per quello che Simona e Carlo hanno fatto con estrema semplicità e naturalezze. Sì, perché questo, insieme al coraggio della scelta, è il secondo tratto che mi ha colpito delle parole della giovane coppia: la potremmo definire una insolita semplicità evangelica. È strano come certa gente faccia cose straordinarie con una modestia disarmante: nessuna enfasi, nessun orgoglio o compiacimento, nessuna superbia o protervia. È come se tutto fosse accaduto con naturale candore e spontanea generosità…
Credetemi: è come una boccata di aria fresca incontrare certa gente, una iniezione di fiducia in un mondo depresso e diffidente, sospettoso e scoraggiato.
Confesso che si prova un certo orgoglio ad essere amici di persone così, giacché ti senti destinatario di un privilegio che sai di non meritare.