In cosa consiste il fascino del viaggiare? Mi spiego: che cosa rende il viaggio una cosa così affascinante da essere diventata quasi il paradigma della vita? Perché lo spostarsi da un posto all’altro esercita un potere così seduttivo sulle nostre vite a tal punto che in quella esperienza vediamo rappresentata simbolicamente l’intera esistenza?
Penso che attorno a questo interrogativo ci potremmo scrivere e riempire una biblioteca: il viaggio racconta la vita dell’uomo da sempre, partendo da Ulisse e Abramo fino a giungere a Neil Amstrong ed il suo “grande passo per l’umanità”. Viaggiare e vivere sono diventati per l’uomo occidentale quasi un sinonimo: è l’esistenza stessa a possedere una dimensione itinerante ed errante.
Una cosa mi pare particolarmente intrigante e suggestiva di questo binomia viaggio-vita: il viaggio, proprio come la vita, richiede un atto di cesura con il presente e di apertura al futuro. Quando viaggi non solo ti muovi verso una nuova destinazione ma, e forse soprattutto, sei chiamato ad abbandonare le sicurezza che la casa garantisce, per esporsi al rischio dell’incertezza e dell’imprevisto. In ogni casa si crea sempre un piccolo angolo di comfort in cui ciascuno di noi vive sereno e tranquillo, al riparo da fastidiose novità che ci potrebbero spingere a cambiare ed ad adattarci.
Il viaggio propizia proprio questo accadimento così spiazzante e talvolta fastidioso: quello dell’incontro con la novità, con quanto è inatteso, incontrollato, addirittura insospettabile. Tutto questo talvolta genera euforia e passione, altre volte ansia ed angoscia, altre volte ancora panico e paralisi.
È proprio per questo che viaggiare è una esperienza così ricca: perché, in un modo o nell’altro, il verbo viaggiare fa rima con il verbo vivere.