al mercato

Oggi giornata di ferie e come ogni venerdì c’è il mercato in piazza. Approfitto così per andare a comperare un po’ di frutta che ci manca in casa.

Il mercato è ovviamente in forma ridotta: sono ammesse solo le bancarelle di cibo mentre tutte le tutte le altre (abbigliamento, calzature, casalinghi, etc.) sono assenti. Le poche bancarelle sono disposte al perimetro di uno spazio recintato dove si entra solo dopo il controllo. Per accedere all’area occorre mettersi il fila, a distanza di almeno un metro, come anche segnato per terra. Un volontario della protezione civile distribuisce guanti monouso e verifica che sia indossata la mascherina. Si procede un metro alla volta fino a quando si finisce sotto il gazebo della polizia municipale che misura la febbre e, quando il numero lo consente, ammette all’area della bancarelle.

È una strana esperienza: l’ampia area contiene non più di una trentina di persone, distribuite tra i vari banchi. Nonostante  l’allegria di qualche ambulante a cui non manca la battuta pronta, tutto avviene fugacemente: si ordina, di prendono le cose, si paga e si passa alla bancherella successiva. Le poche parole scambiate sono solo con i commercianti giacché tra gli acquirenti si respira un’aria di distanza e un po’ di sospetto. Ci si saluta, quando ci riesce a riconoscersi dietro la mascherina, e si scambiamo poche parole di convenevoli.

È un altro pezzetto di vita che abbiamo per il momento perduto. Vedete, per una città piccola come la mia, il mercato non è solo un luogo in cui acquistare beni ma è essenzialmente un luogo di ritrovo, un rito collettivo, una occasione di socialità e di incontro. Al mercato non si va principalmente per acquistare ma per scambiare: parole, esperienze, strette di mano, racconti e avvenimenti, aggiornamenti sulla vita dei conoscenti e pettegolezzi vari. La ragione della spesa è una specie di pretesto per fare altro, perché in fondo le cose (tra cui la spesa) non sono mai solo cose. Quando noi le viviamo in qualche modo le umanizziamo, le riempiamo di significati e di relazioni, di sensi e di affetti.

Il mercato diventa così un po’ il cuore pulsante delle relazioni del paese, un piccolo luogo in cui si alimentano conoscenze e amicizie ed in cui si intensifica quella rete sociale che ci rende comunità.

Ecco perché fa un po’ strano vederlo ridotto a spazio del mero commercio, di uno scambio anonimo di beni e di cibo, sacrificato ad essere come un qualunque anonimo supermercato dove la gente compra senza curarsi del vicino.

È un po’ così questa quarantena: ci fa scoprire ed apprezzare anche le cose che, come il mercato, avvengono nella nostra vita comunitaria in modo un po’ scontato e ripetitivo. Cose a cui non diamo peso ma che ora annoveriamo sotto la categoria “perdite”.


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