Le due signore anziane erano in fila per fare la comunione: la prima appoggiata precariamente ad un bastone, la seconda sostenuta dal una parente più giovane. Entrambe avanzavano con grande fatica lungo la fila, mettendo un passo dopo l’altro con enorme sforzo: il loro procedere era stentato, come chi anela a raggiungere qualcosa a cui tiene molto ma sa che le forze non sosterranno quello sforzo.
Giunte entrambe davanti al sacerdote le donne fanno entrambe lo stesso gesto, che cattura la mia attenzione: porgono il palmo per ricevere la particola su una mano malferma e tremante. Una volta ospitata sul palmo, muovono la sola mano libera verso la bocca per mangiare quel pane, giacché l’altra è saldamente ancorata al bastone e alla spalla dell’accompagnatore.
A primo acchito il gesto ha qualcosa di sgraziato, di vorace e di ingordo. Ricorda quei bambini golosi che prendono una fetta di torta e se la portano alla bocca con bramosia, quasi temendo che qualcuno la possa rubare loro. Ha qualcosa di “primitivo” quel gesto e non possiede l’eleganza di quando afferri con due dita della mano destra il pane che è stato deposto su quella sinistra e con un movimento lento e delicato porti il cibo alle labbra. Nient’affatto! Per le due anziane il gesto è più rapido e “brutale”: il pezzetto di pane messo nel palmo viene immediatamente portato alla bocca con mossa bramosa e insaziabile.
Osservo incuriosito l’accaduto ed un dubbio mi assale immediatamente: e se quelle donne, così malferme e provate, avessero colto di quel pane assai più di quello che le nostre coscienze perbeniste abbiamo mai compreso? Se crediamo che quel pane è davvero Pane di Vita, allora è qualcosa da bramare con tutte le nostre viscere, da desiderare voracemente; è qualcosa capace di saziare una fame profonda e radicale. Quel pane non è uno “stuzzichino” che decora le nostre tavole ricche di ben altri cibi! Quel pane non è cibo per chi è già sazio, per chi si è abbuffato di altro e che mangia solo per non “importunare” l’ospite. Quel pezzo di pane è cibo da divorare, da consumare con bramosia e appetito, quel cibo va anelato, desiderato, ricercato, agognato, sospirato.
Il gesto di quelle due anziane, forse un po’ rozzo ma profondamente vitale, ci ricorda che non ci si siede a cena se lo stomaco è già sazio, se il cibo che verrà offerto è superfluo per la nostra vita.
C’è fame nella nostra anima, c’è fame di vita e di speranza, c’è fame di pienezza e di compimento, c’è fame di gioia e di amore, di relazioni e di affetti. Sì, c’è fame e solo chi sente questo buco nello stomaco è capace di lasciarsi saziare da un pane di Vita. Proprio come hanno fatto quelle due donne.