Talvolta dici le coincidenze della vita…
Stamattina stavo visitando le ricche stanze del Palazzo Ducale di Venezia, sontuosamente decorate dai più grandi artisti veneziani del tempo. Sono uno splendore per gli occhi, una meraviglia dell’arte italiana, un patrimonio talmente ricco ed abbondante da generare un senso di spaesamento e disorientamento. Lo sguardo si muove veloce, anzi frenetico, tra i vari dipinti, incapace di cogliere ogni dettaglio di quelle immense immagini, sopraffatto dall’eccessiva bellezza e dall’abbondante espressività di quei dipinti. Gli occhi scorrono sulla superficie delle tele, catturando qualche particolare curioso, ma sottovalutando la maestria di cui è capace l’artista. Percepisci quanta fatica e bravura trasudino quelle opere, intuisci quante ore furono spese per comporre ogni singola scena, sicché senti come un sentimento di colpa per quella contemplazione così superficiale ed incapace di onorare tanto talento.
Il punto è che vedi ma non guardi: quelle immagini cadono dentro il tuo campo visivo, ma gli occhi non le sanno cogliere ed apprezzare.
Ecco poi, dicevo delle coincidenze, la sera mi capita di scontrarmi con quell’episodio, tutto sommato minore, raccontato da Matteo al capitolo 20 del suo Vangelo: il Maestro esce da Gerico e due ciechi, seduti lungo la strada, chiedono di essere guariti. Gesù, preso da compassione per i due uomini, guarisce i loro occhi. In fondo il Nazareno ha mostrato ben altre capacità e prodigi, eppure quel piccolo episodio intercetta, singolarmente, quel mio pensiero.
Lo sguardo è un dono: ecco il punto! Tutti nasciamo con due occhi capaci di vedere ma la facoltà di osservare, di percepire con gli occhi ciò che ci circonda, questo ha poco di naturale e congenito ma è un dono che la Vita ci fa. Essa ci dota di due straordinari organi del senso visivo ma la capacità di penetrare le cose, di coglierne il mistero, di lasciarsi stupire dalla bellezza e dalla profondità, ecco tutto questo è davvero un miracolo che l’esistenza ci può donare.
In fondo tutti siamo un po’ come quei due ciechi seduti lungo la strada: anche noi abbiamo bisogno di “riaprire” i nostri occhi, di spalancare il nostro animo allo splendore dell’essere, di incontrare qualcuno che riabiliti la nostra capacità visiva, così spesso impotente e menomata.
Che si tratti di un capolavoro dell’arte o di un amico in difficoltà, di un tramonto al mare o di un collega più triste del solito, a ciascuno è chiesto di guardare oltre la superficie, di andare al di là di quanto è scontato, banale, ovvio. C’è uno sguardo che scivola sulle cose, come fa l’acqua con la roccia. E poi c’è uno sguardo che sa includere, abbracciare, penetrare la realtà, onorandone la bellezza.