Fai come il lanciatore di coltelli,
che tira intorno al corpo.
Scrivi di amore
senza nominarlo,
la precisione sta
nell’evitare.
Distràiti
dal vocabolo solenne,
già abbuffato,
punta al bordo, costeggia,
il lanciatore di coltelli
tocca da lontano,
l’errore è
di raggiungere il bersaglio,
la grazia è
di mancarlo.
Oggi mi imbatto in questi straordinari versi di Erri De Luca che mi conquistano subito. Ecco, dicono qualcosa di come intendo la scrittura: scrivere è sempre un po’ mancare il bersaglio, è arrivare vicino vicino al centro senza mai colpirlo pienamente. La scrittura, almeno per me, è allusione non dichiarazione; è invito non disvelamento; è presentimento non visione; è desiderio più che godimento; è anelito più che pienezza. La scrittura ha a che fare con quel tentativo di lanciare il coltello sempre più vicino al corpo senza mai colpirlo. È esperienza di sfioramento, di avvicinamento continuo ma mai risolto.
Oggi celebriamo la festa di tutti i santi. Ecco, ci sono parole che dobbiamo imparare a sfiorare senza mai colpirle. Ci sono parole che posso esser dette all’uomo di oggi solo come allusione, premonizione, evocazione. Parole come amore, Dio, verità, libertà ormai non posso più essere raggiunte in pieno dal coltello delle nostre espressioni. Anche la parola “santo” soffre dello stesso limite.
Ci sono parole che puoi solo evocare, lasciar intendere; sono stanze che per le quali puoi solo socchiudere la porta ma che non puoi introdurre; sono profumi che odori da lontano, stelle che puoi solo intravedere nella nebbia della notte.
Badate: è un’arte difficile quella del lanciatore di coltelli. Più facile colpire il bersaglio, più semplice fare centro. Serve tatto e pazienza per lanciare l’arma a due centimetri dalla pelle. Serve maestria per creare il brivido della mancata collisione, l’ebrezza dello sfioramento, l’estasi del mancato contatto.
AAA… lanciatori di coltelli cercasi…