È una notte tranquilla nel mio piccolo paese, stranamente quieto e calmo, senza macchine che sfrecciano lungo la strada o giovani che strillano la loro intensa vitalità. C’è silenzio attorno, quasi una pace irreale ma decisamente propizia e benigna. Mia moglie dorme accanto a me e so i miei figli al sicuro nelle loro stanze, stanchi anch’essi dopo una lunga giornata di impegni e di studio.
La televisione che è rimasta accesa, anch’essa muta, rilancia immagini che arrivano dall’Ucraina per l’ennesima notte di guerra e di terrore. Quanto stride la notte silenziosa nella mia casa con quella che altri uomini dovranno trascorrere a poche centinaia di chilometri dal mio paese! La loro notte, come accade da un mese a questa parte, sarà interrotta dal suono delle sirene anti-aereo, dal boato delle bombe, dal pianto dei bambini spaventati, dal botto degli edifici che cadono vicino a loro. Ma forse il “rumore” che davvero inquieterà la loro veglia sarà l’angoscia che nasce da un cuore affranto e provato, dall’apprensione per la vita loro e dei loro figli, lo strazio di non sapere che ne sarà di loro, delle loro cose, della casa, del lavoro, dell’incolumità di tutti coloro che vivono in quella terra martoriata.
Penso ci sia un dolore lancinante che trafigge il cuore di ogni padre che non sa come proteggere i propri figli; c’è un terrore muto nello sguardo di ogni madre che vede la vita dei propri ragazzi continuamente esposta alla morte. Mettiamo la mondo i nostri figli e vogliamo per loro il bene, sudiamo e fatichiamo per dare loro un futuro quanto meno sereno e promettente. È il senso profondo che abita il cuore di ogni genitore su questo pianeta: fare sì che la vita diventi una promessa buona per coloro a cui abbiamo donato l’esistenza. Nessun figlio chiede di nascere, né di abitare questo mondo. A ben vedere vi è una scelta radicale e persino “violenta” all’origine della loro vita: quella di un padre e di una madre che “hanno imposto” l’esistenza, proprio in nome del fatto che essa è stata buona e affidabile prima di tutto per loro genitori. Poniamo i nostri figli nella vita, senza il loro consenso, perché essa è il dono più grande che possiamo fare loro, un regalo talmente affidabile per noi che merita di essere condiviso.
Ebbene: a quale bene, a quale promessa, a quale futuro può aprire un padre ed una madre di Mariupol quando le bombe cadono minacciose sopra lo loro testa, quando l’acqua è una merce indisponibile, il cibo un lusso per pochi e la vita un bene a tempo?
Vi sono città in Ucraina dove l’umanità appare un miraggio impossibile, dove le regole elementari dell’esistenza vengono sovvertire da una crudeltà immonda e dove essere padri e madri è una sfida che sfiora il confine dell’eroicità e del martirio. Vi sono padri e madri in Ucraina che non sanno come assolvere il loro basilare compito, incapaci di introdurre i figli, che essi hanno generato, alla fiducia e alla speranza, che sono l’abc di ogni esistenza. È drammatico questo pensiero, è straziante solo l’idea che, vicino a noi come in molte aree remote del pianeta, vi sono padri e madri che provano una tale pena per i loro figli.
C’è silenzio in questa notte di inizio primavera; c’è pace nella mia casa, sicurezza tra le mie mura. Che in questo nostro silenzio trovi eco il grido di tanti padri e madri la cui voce resta colpevolmente inascoltata.
da Il Cittadino del 31 marzo 2022