Francamente non capisco come si possa da una parte ricordare e onorare la guerra di liberazione partigiana che l’Italia visse nel lontano ‘45 e dall’altra assumere una posizione di terzietà verso quello che sta accadendo in Ucraina.
Non comprendo l’appello alla neutralità e alla equidistanza che sento da diverse parti politiche e non solo, come se l’aggressore e l’aggredito, la vittima ed il carnefice fossero da trattare allo stesso modo e con uguale considerazione. Vi è una guerra di aggressione in atto, in cui un popolo viene massacrato da un violento invasore. Utilizzare l’analisi storica o geopolitica per attenuare la responsabilità di una parte rispetto all’altra lo trovo un atto, non solo poco comprensibile, ma anche ingiusto.
Sì, perché, pur condividendo convintamente gli appelli alla pace e alla cessazione delle ostilità, occorre non dimenticare che la pace esige la giustizia e che imporre una pace ingiusta è non solo immorale ma anche poco saggio. Magari mi sbaglio, ma un richiamo alla cessazione della violenza di fronte ad un invasore che non vuole cessare le ostilità rischia di essere un atto di codardia, di ingiustizia e di irresponsabilità verso l’altro.
Le armi non sono mai una soluzione e servirebbe davvero un processo di disarmo su scala mondiale, ma usare questo appello come un alibi per non sostenere l’aggredito lo trovo inopportuno.
Forse bisognerebbe davvero ricordare la lotta di liberazione che i nostri nonni e bisnonni hanno combattuto decenni fa e comprendere che, di fronte a certi fatti della storia, l’equidistanza e la terzietà sono opzioni inaccettabili e miopi. Credo ci siano situazioni in cui occorre avere il coraggio di chiamare giusto ciò che è giusto ed ingiusto quello che non lo è, senza semplificazioni, senza atteggiamenti manichei e senza pregiudizi ideologici.
Siamo tutti consapevoli che la storia è una cosa complessa e che non è mai facile – non so neanche se sia possibile – districare la matassa delle responsabilità, per dividere i buoni dai cattivi. Eppure la consapevolezza della complessità non ci deve far piombare in una notte in cui, come direbbe Kant, tutte le vacche sono grigie. Non è tutto uguale, non è tutto identico, le responsabilità, benché condivise, non sono simili.
La storia ci ha già insegnato cosa comporta un atteggiamento attendista ed equivoco. Nessuno vuole la guerra, nessuno qui spinge per una corsa al riarmo o per posizioni belliciste, tuttavia, di fronte alla aggressione, non ci è concesso il lusso dell’indifferenza.