profeti di sventura

In queste settimane abbiamo ricordato il sessantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, senza alcun dubbio, il più importante evento ecclesiale della recente storia delle Chiesa, un avvenimento che ha segnato uno spartiacque decisivo nel modo in cui la comunità ecclesiale ha interpretato se stessa, il suo rapporto con il mondo, con le altre confessioni religiose ed, in generale, con la cultura moderna. Dopo anni di chiusura e di conflitto, la Chiesa ha recuperato, grazie alla straordinaria intuizione di papa Giovanni ed in sintonia con un movimento di riforma iniziato assai prima, una “visione dialogica, storica e dinamica della rivelazione di Dio nella storia e, di conseguenza, uno stile ecclesiale di abitare il mondo improntato all’ascolto del suo continuo dinamismo” (F. Cosentino). Come ci ricordava il card. Martini (di cui, singolare coincidenza, ricorrono i 10 anni dalla morte), il Concilio resta, di fronte alla nostra vita personale e comunitaria, un obiettivo ancora non pienamente raggiunto ed un sogno che chiede ancora di essere tradotto in prassi. Occorre riconoscere che i decenni passati hanno visto convinti sforzi di traduzione delle intuizioni conciliari, intervallate da più o meno ampi periodi di “gelo ed inverno”, nel quale sono state assecondate dinamiche conservative e regressive.

Credo che per ridare fiato al concilio e mettersi in sintonia non solo con i dettami del Concilio, ma anzitutto con il suo spirito, occorra “ripartire dall’inizio”, dal momento sorgivo di quell’evento, da quell’incipit che non solo aprì solennemente l’evento ma diede, in qualche modo, il leitmotiv della celebrazione, segnò il punto prospettico e definì i principi ermeneutici essenziali.

Mi riferisco allo straordinario discorso che papa Giovanni proclamò in quel famoso giovedì 11 ottobre 1962, da tutti ricordato per via del suo attacco “Gaudet Mater Ecclesia” (Gioisca la madre Chiesa). Papa Giovanni rimproverava alla comunità cristiana di essere spesso condizionata da quelli che egli definiva “profeti di sventura”: “nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita”.

Il processo di rinnovamento, che il papa bergamasco intendeva proporre alla Chiesa, nasceva da una importante e radicale consapevolezza: la storia è animata da quei “semi del Verbo” che, come il lievito fa con la pasta, sono capaci di far progredire la storia dell’uomo. Confessare che la Chiesa ha da imparare dalla storia significa ammettere, allo stesso tempo, che la storia, la nostra storia personale, come quella familiare, comunitaria e planetaria, è dotata di un Senso, possiede una direzione, è animata da uno Spirito che non cessa di orientare i suoi passi. La storia insegna perché non è un susseguirsi caotico di eventi ma è qualcosa di sensato, di coerente, di buono, anche se questa sensatezza e bontà non sono qualcosa di immediato e scontato per i nostri occhi. I nostri giorni non sono un susseguirsi impazzito di eventi; le nostre esperienze, gli eventi a cui assistiamo o di cui siamo protagonisti, sono innestate in una trama di senso che, benché misteriosa, è tuttavia reale e affidabile. L’appello di papa Giovanni è allora quello di aprire gli occhi, personali, comunitari, ecclesiali, ma anche politici, sociali, nazionali, per riconoscere e promuovere quei segni di bene di cui la storia e la Storia sono miti custodi. Credo che solo questa fiducia nella sensatezza delle cose ci può consentire il lusso dell’iniziativa, il coraggio dell’impresa, l’audacia della testimonianza. Solo con la consapevolezza che il mondo ha qualcosa da insegnarci, che la diversità dell’altro non è una minaccia, che il cambiamento non è necessariamente sinonimo di sconfitta, solo allora è possibile vive l’oggi con speranza. AAA, profeti di speranza cercasi!

pubblicato su Il Cittadino del 5 novembre 2022


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