siate premurosi!

La metropolitana di Londra è sempre ricca di buone idee e suggerimenti. Vi raccontavo tempo fa di questa pubblicità che voleva enfatizzare quanto ogni singolo viaggio contasse per la società di trasporti londinese. Anche l’ultima puntatina a Londra mi ha regalato un pensiero su cui vorrei qui tornare.

Si tratta, questa volta, di alcuni cartelloni pubblicitari che invitano i milioni di viaggiatori, che ogni giorno utilizzano la metropolitana, a qualche gesto di attenzione e di disponibilità verso gli altri: “Be considerated to others”, ossia “sii premuroso verso gli altri”, cedendo loro il posto se ne hanno bisogno. Ma è stata la frase finale che ha attirato la mia attenzione: ricordatevi che non tutte le disabilità sono visibili (“Please remember, not all disability is visible”)

Bella intuizione, magari per alcuni un po’ scontata, ma decisamente pertinente e centrata.

Ogni giorno ci avviciniamo a fragilità che non conosciamo, che non vediamo e che talvolta manco pensiamo possano esistere. È un pensiero che mi accompagna spesso quando incontro qualcuno e soprattutto quando il dialogo va al di là di qualche battuta di circostanza. Ci sono davvero ferite invisibili che le persone portano dentro, come pesi gravosi da reggere o scalate difficili da fare in solitudine.

Ho il sospetto che le fatiche più dure, quelle che maggiormente lacerano la carne, siano quelle che restano sotto la superficie, che si sottraggono allo sguardo e che sanguinano lontano dagli occhi degli altri. Dovremmo ricordarecelo questa cosa, ogni qualvolta vogliamo fare un passo verso qualcuno: l’altro potrebbe stare combattendo battaglie che manco immaginiamo o sostenendo situazioni che tolgono il fiato.

È bene non fermare mai lo sguardo alla superficie né accontentarsi di tocchi veloci e repentini. Spesso, credetemi, c’è assai di più dietro un volto apparentemente sereno o ad una battuta detta a denti stretti. Spesso, se solo hai il coraggio di entrare nelle stanze meno illuminate, ci trovi solitudini esistenziali, paure inconfessate, traumi irrisolti, legami dolorosi o sentimenti di fallimento, di rinuncia e di abbandono.

Forse esagero, ma credo non ci sia persona su questa terra che, per quanto fortunata, non abbia il proprio intimo turbamento, il proprio tallone d’Achille e la propria zona grigia.

Personalmente vivo un senso di vertigine e di disorientamento quanto qualcuno mi permette di intravedere, anche solo da lontano, la soffitta dove conserva tutte le proprie fragilità. Quando accade, quelle poche volte che accade, so di stare entrando in una terra sacra, sulla quale, proprio come a Mosè fu richiesto di fare davanti al Roveto ardente, occorre levarsi sandali e coprirsi il volto. Lì, in quel luogo, in quel incontro, sperimenti la sacralità dell’altro, la sua unicità ed il suo incomparabile valore.


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