Le Otto Montagne

In Nepal si dice che il mondo è una ruota a otto raggi. Al centro c’è una montagna altissima, il monte Sumeru, intorno otto montagne, i raggi della ruota, e tra di loro otto mari. E si domanda il saggio: «Avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?».” Ruota attorno a questo interrogativo “Le Otto Montagne”, un film del 2022 diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, tratto dall’omonimo romanzo del 2017 di Paolo Cognetti e vincitore del premio della giuria al 75º Festival di Cannes.

È la storia di Bruno, ultimo ragazzo rimasto in un paesino della Val D’Aosta, e di Pietro, ragazzino torinese, che in quel paesino passa le vacanze estive insieme alla famiglia. Il film racconta dell’amicizia dei due giovani, a partire dal giochi spensierati dell’infanzia fino alla maturità dell’età adulta, amicizia che attraversa fasi avverse e faticose ma, non di meno, conserva la sua tenacia e la sua profondità. Pietro e Bruno (magistralmente interpretati da Luca Marinelli e Alessandro Borghi) testimoniano la forza di un legame capace di superare le curve della vita, di colmare le distanze che talvolta il destino pone tra due amici e di restare un punto di riferimento indelebile nelle vite dei due protagonisti.

Difficile pensare a due persone così diverse eppure affini: Pietro è un ragazzo di città, figlio di una buona famiglia della borghesia torinese, istruito e benestante; Bruno è un ragazzo di montagna, trascurato dalla famiglia, costretto a crescere con degli zii che lo impegnano nelle classiche mansioni da montanaro (i campi, le vacche, il formaggio); Pietro è un giovane riflessivo, introverso, alla continua ricerca di un proprio spazio nel mondo, di un ruolo da conquistare a prezzo di un lacerante conflitto con i genitori; Bruno è un ragazzo semplice, che impara la lettura grazie alla mamma dell’amico, che vive in maniera istintiva e immediata, il cui mondo non va oltre i pochi chilometri di terra in cui si estende il suo paesino; Bruno vive un legame profondo ed intenso con la terra e la natura, sperimenta una immediatezza ed una connessione spontanea con l’ambiente (spesso aspro e duro) che lo circonda; Pietro è in un perenne movimento, insoddisfatto della sua vita, spinto a cercare altrove il senso della sua esistenza, scontento delle mille esperienze che la vita cittadina gli regala.

In fondo, tornando al racconto nepalese, Bruno abita con orgoglio e profondità il monte Sumeru, vero baricentro della sua esistenza, mentre Pietro è una persona in viaggio tra le otto cime, sospinto da un desiderio che lo guida fino sul tetto del mondo in Nepal.

È proprio in questa sintesi degli opposti che l’amicizia viene celebrata come la forza in grado di creare connessioni profonde tra gli esseri umani, come un sentimento che lega le vite, che crea assonanze, che istituisce vincoli. Come dice Pietro all’inizio del film «Non pensavo di trovare un amico come Bruno nella vita, né che l’amicizia fosse un luogo dove metti le tue radici e che resta ad aspettarti».


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