tra morte e vita

Passeggiare in un cimitero, come si usa fare in questi giorni, fa sempre uno strano effetto e lascia in bocca una strana sensazione.  Entri in contato con una parte della tua esistenza che volentieri ignori e trascuri, come quei vecchi bauli che deponi in solaio e che dimentichi per anni. Calpestare quelle tombe, osservare quei marmi, quei monumenti funebri, fa riemergere qualcosa di vitale e radicalmente umano ed affiora nella tua mente come qualcosa che ti appartiene da sempre, che racconta chi sei, da dove vieni e dove vai.

È strano: quelle tombe mute e solitarie sanno scuotere la tua esistenza come poco altro al mondo; arrivano al tuo cuore e alla tua mente con una immediatezza ed una ferocia difficilmente comparabili.  Improvvisamente e inaspettatamente ti pongo di fronte al tuo destino, ad un passaggio tragicamente ineludibile della tua vita; spazzano via illusioni e sogni banali e ti riportano alla durezza e alla serietà dell’esistenza.

Quando osservi quei visi incorniciati e sorridenti, che sempre più numerosi conoscevi e frequentavi, comprendi che in fondo erano uomini come te e tu come loro; uomini con sogni, aspirazioni, progetti, affetti e ricordi, con speranze e drammi, con dolori e passioni. Uomini che hanno concluso il loro andare su questa terra e ora ti osservano da quel luogo di riposo con sguardo sorridente e fare interrogativo. Scrutando i lori visi è come se ti dicessero: saprai vivere una vita capace di sopportare il peso della morte? Possiedi una ragione che sa accettare lo scandalo della fine? Hai un fine che va oltre la fine?

Certo è che tutto il tuo baldanzoso andare è costretto ad un rallentamento quando visiti certi luoghi… il tuo sproloquiare viene ammutolito, le tue pretese ridimensionate, il tuo ardire resta ferito. Una volta all’anno (e forse ci farebbe bene più frequentemente) siamo messi di fronte al senso radicale del nostro limite, del confine misterioso verso cui siamo diretti, verso quella dimensione tragicamente liminare che ci interroga e ci turba.

Possiamo essere dei manager, uomini di successo e di talento, grandi artisti e scienziati, pensionati o casalinghe, muratori o imbianchini, start del cinema o falliti, ricchi o disperati, felici o angosciati, ma alla domanda che nasce visitando un cimitero tutti sono chiamati, con estremo senso democratico ed ugualitario, a dare la medesima personale risposta: a quell’interrogativo non si sfugge, non ci è concesso soprassedere o rimandare, ma accompagna silenziosamente ogni nostro giorno, ogni nostro attimo. A bene vedere ha a che fare con il senso che diamo alla parola speranza.


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