Incontrare un gregge di pecore non è un fatto inusuale nel lodigiano: anche la nostra terra è attraversata, soprattutto in questo periodo, da uomini e bestie che obbediscono all’antica legge della transumanza. Ti capita di vedere campi gremiti di pecore che belano e brucano sotto gli occhi vigili e guardinghi di pastori e cani. Capita anche di fare un incontro “faccia a faccia” con questi greggi: quando si spostano succede che occupino le strade monopolizzando di fatto il traffico, bloccato o quanto meno condizionato dal loro passaggio.
Sabato pomeriggio stavo rientrando in macchina da una partita giocata con i miei ragazzi del minibasket quando, in prossimità dell’ingresso al mio paese, sono stato circondato da un gregge in movimento. Dopo aver spento la macchina non ho avuto alternativa che osservare, con sguardo meravigliato ed incuriosito, il tranquillo transito degli animali.
Apriva la strana carovana il pastore con accanto un asino, che trasportava mercanzia varia ed un fedele cane pastore che badava al gregge lanciando talvolta qualche abbaiata, più per dovere che per minaccia. Dopo di lui un colonna infinita di animali, grandi e piccoli, giovani e vecchi, con molta lana o appena rasati, alcuni con una campana al collo, altri che belavano in continuazione, alcuni incuriositi della strada, altri con il muso adagiato sul corpo del compagno che lo precedeva.
Una cosa mi ha immediatamente colpito di quello strano incontro: è stato il ritmo calmo ma costante ed indefesso dell’andare. Stupisce perché stride vistosamente con i ritmi che la vita moderna ci impone. Tutto questo movimento avviene “a passo d’uomo” o forse sarebbe meglio dire “a passo di animale”: nonostante l’andamento sostenuto ed incalzante che il pastore ha imposto a tutto il gregge, la colonna si sposta con ritmi antichi, lenti, che si misurano sui tempi dell’uomo e non su quello delle macchine.
Questo procedere crea quasi uno sospensione del tempo che vivo: sono appena arrivato di corsa alla guida della mia macchina e mi trovo ad assistere ad un movimento che pare appartenere ad un’altra epoca, a tempi remoti, non ai primi anni del terzo millennio. Chi accerterebbe di spendere così tanto tempo per percorrere pochi chilometri, per spostarsi da un campo all’altro e così trasferire tutto il gregge? Ci spostiamo con l’assillo di fare in fretta, di accorciare le distanze, di ridurre i tempi, sempre di corsa, sempre di premura, e lì, parcheggiato sul lato della strada assisto ad un incedere tranquillo, quieto, mite. Certo, ci si sposta, si cammina si viaggia, ma senza quella frenesia che connota ogni nostro andare.
Succede poi una cosa che mi stampa sul viso un luminoso sorriso. Inizio ad intravedere la fine della colonna. Dopo essere passato qualche centinaio di pecore accanto alla mia auto, da lontano scorgo la parte finale del gruppo. Distinguo due donne che incitano i ritardatari a non perdere il gruppo, battendo un bastone per terra, più per battere il passo che per spaventare gli animali. Ma è solo quando la coda della colonna si fa davvero vicina che riesco ad osservarne i componenti: c’è un nugolo di agnellini che belano e che stentano a tenere il passo degli animali adulti. Che spettacolo! E le due donne dietro che, con l’auto di una cane, incitano i piccoli a proseguire, a non disperdersi, a restare nel gruppo.
Allora ho capito: ecco il passo del pastore! È quello dei piccoli del gregge, dei nuovi nati, di chi si sta addestrando alla vita nel branco. Il suo passo deciso non era misurato sulle energie degli esemplari giovani e forti che camminavano a fianco a lui in testa al gregge. Il suo passo esperto, sebbene a metri di distanza, è sintonizzato su quegli anellini che, in fondo al gregge, faticano a correre, che devono essere sostenuti ed incoraggiati. Che straordinaria lezione che ho ricevuto!
Confesso che questa mattina, quando ho ascoltato, per straordinaria coincidenza, le parole dell’evangelista Giovanni “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (…) E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare” la mia mente è andata immediatamente all’incontro del giorno precedente, quando, quell’uomo un po’ sporco e burbero, alla testa del gregge, mi ha insegnato l’arte dell’accompagnamento.