Osservavo questa mattina, durate gli allenamenti di basket, alcuni dei ragazzi della mia squadra e la naturalezza con cui, dopo molto esercizio, compiono certi movimenti. Vedendoli più volte a settimana, fatico ad accorgermi dei progressi che compiono sicché accade che essi migliorino un poco tutti i giorni ma tu non sia in grado di rendertene conto. È una crescita lenta e progressiva, poco osservabile ad occhio nudo giacché il miglioramento, benché costante, resta come mascherato dalla frequentazione quotidiana. Stamattina invece mi è accaduto, non saprei spiegarlo bene, di vederli con occhi diversi ed i loro progressi sono apparsi con stupefacente chiarezza.
La cosa sorprendete mi è parsa la naturalezza con cui sono in grado di eseguire certi gesti atletici, la fluidità e la spontaneità che accompagna il loro muoversi: fanno cose difficili con semplicità e garbo. Vedendoli giocare pare che facciano cose “normali” ma sai benissimo che tutta questa facilità è frutto di impegno ed applicazione. Basta che mandi il pensiero indietro di qualche mese per accorgerti che ciò che oggi fanno con naturalezza, prima era fatto con goffaggine ed in modo artificioso. L’allenamento ha reso una cosa difficile un gesto ordinario e fluido, da compiersi senza pensarci troppo e senza porre troppa attenzione.
L’esercizio costante crea un’abitudine, plasma la modalità ordinaria con cui facciamo le cose e ci rapportiamo al mondo. La ripetizione compiuta con impegno segna il nostro modo di essere e di fare, trasformando gesti e parole in consuetudini della nostra esistenza. Certe cose diventano “famigliari” proprio perché frutto di impegno e di determinazione.
Se ci pensiamo bene, questa regola non vale solo sul campo di basket: ogni nostro impegno, sebbene un po’ faticato, sa generare degli habitus, degli abiti fatti su misura, che ci rendono persone più belle ed eleganti.