Quanto è dura talvolta restare fedeli a se stessi, fedeli alla propria identità, ai propri valori, alla propria sensibilità, al proprio modo originale di vedere il mondo.
A volte hai come l’impressione che il mondo fuori, le circostanze, le persone e gli eventi ti spingano ad abbassare il capo, a rinunciare, a dichiarare bancarotta, ad alzare bandiera bianca. Perché se ti permetti di non essere come gli altri si aspettano che tu sia, beh allora è una girandola di critiche, sospetti, allusioni, reticenze ed insinuazioni sulle tue vere intenzioni, sulle ragioni che ti muovono, sugli obiettivi oscuri che staresti perseguendo.
Essere se stessi è una prova, o meglio, una lotta continua, in cui sei chiamato a tenere il punto giorno dopo giorno, talvolta con benevolenza e condiscendenza, altre volte a muso duro, quando capisci che se non segni un confine ed un limite rischi di essere travolto e surclassato. È sottile questa linea, non è semplice comprendere la strategia più adatta da adottare nelle varie circostanze. Difficile capire quando occorre usare pazienza e quando invece la pazienza è segno di codardia e di viltà. Si perché non sempre “porgere l’altra guancia” è un modo sano e saggio per affrontare le cose: vi sono momenti in cui chi siamo e quello che pensiamo va dichiarato con decisione e forza, senza arroganza o presunzione, ma consapevoli che tradire se stessi è la cosa peggiore che possiamo fare nella nostra vita.
Quello che siamo, quello che sentiamo, non è un randello da usare contro gli altri né una clava da agitare a destra e manca. Ma non è neppure un litro d’acqua pronto ad adattarsi al contenitore in cui lo metti. Certo, occorre smussare gli spigoli, alleggerire i toni, attenuare gli eccessi. Ma senza mai, mai, tradire se stessi.