25 aprile di liberazione

Avete mai pensato a cosa voglia dire “celebrare”? Oggi è il 25 aprile e “celebriamo” l’anniversario della liberazione? Ma cosa significa esattamente? Perché ad esempio ricordiamo questa data e, che ne so, non il 10 gennaio del 49 a.C. quando Giulio Cesare attraversò il Rubicone?

Lo so… forse è una domanda ingenua e un po’ banale. Ma, talvolta, interrogarci sulle cose che facciamo senza pensarci troppo può aiutarci ad andare un po’ in fondo alle cose..

Celebrare – in senso liturgico, civile, politico, comunitario, sociale, etc. – significa fare memoria di un evento del passato, della liberazione della città di Milano dalla invasione nazifascista nel nostro caso. Ma non di un evento qualunque (ecco perché non ci ricordiamo del passaggio del Rubicone) ma di uno che ha avuto un potere fondativo: celebrando riconosciamo che c’è stato un avvenimento che è stato l’iniziatore di una storia nuova, un fatto che ha generato una serie successiva di eventi, una “fondazione” appunto. Nel 25 aprile quindi riconosciamo la pietra miliare della nostra storia repubblicana di libertà e giustizia. Badate: non è molto diverso da ciò che facciamo quando festeggiamo il nostro compleanno: anche in quel caso il giorno lontano della nascita è stato per noi il momento fondativo della nostra esistenza e l’iniziatore della nostra vicenda personale.

Ma non basta: se ci fermassimo qui disconosceremmo un dato costitutivo di ogni celebrazione. Ricordare quel giorno, quell’evento, ha senso perché esso parla anche all’oggi della nostra storia personale e comunitaria: in quanto “fondamento di ciò che è accaduto dopo”, quell’avvenimento riguarda anche il presente della vita di ciascuno di noi. Celebriamo quell’evento affinché esso, in qualche modo, si rinnovi e perché dispieghi la sua forza generativa anche dopo molti anni.

In altre parole: celebrare il 25 aprile è certo ricordare quello che avvenne 75 anni fa, ma soprattutto è rinnovare nell’oggi la forza di quei valori, di quei sentimenti, di quelle aspirazioni di libertà, giustizia e solidarietà, chiamate ad incarnarsi anche nell’oggi. È come se il senso di  quell’evento lontano potesse essere assunto pienamente solo nella misura in cui ciascuno di noi si impegni a sostenere e custodire il medesimo spirito, lo stesso afflato ed orizzonte di valori.

Capite perché allora è importante celebrare il 25 aprile, soprattutto in questo tempo difficile di quarantena e pandemia? Il coraggio che animò i nostri nonni per sconfiggere la dittatura chiede, anzi esige, di essere incarnata oggi in un’altra lotta, certo diversa, ma non meno difficile: quella contro il virus e tutte le conseguenze nefaste che sta causando.

Non c’è stata una liberazione “buona per sempre”. La liberazione chiede di essere scelta, difesa ed ampliata ad ogni tornante della nostra storia. Quel lontano 25 aprile di 75 anni fa la libertà non c’è stata regalata come una pianta robusta ma come un debole seme che richiede cura, sviluppo e crescita.

Forse allora, anche se parrà strano, il 25 aprile del 2020 sarà uno di quelli che resteranno nella nostra storia nazionale, anche se non faremo eventi pubblici, cortei o discorsi. Resterà perché sarà un 25 aprile vero, sentito, autentico: quello che ci farà sentire in comunione con i nostri padri durante la nostra battaglia di liberazione!


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