un disco rotto…

Ho sempre seguito il dibattito politico con una certo interesse: mi piaceva seguire il confronto delle opinioni, dei programmi, del prospettive complessive messe in campo dalla varie parti politiche. Mi piaceva soprattutto il confronto delle idee, quel contradditorio fatto in nome dei valori, delle posizioni ideologiche, dei riferimenti culturali talvolta divergenti.

Eppure questa volta confesso una evidente fatica a stare al passo del dibattito in corso. Talvolta provo addirittura un fastidio che mi porta a girare canale, a cambiare sito web o spegnere la radio.

Ci sono una serie di fattori che in qualche modo mi disturbano e mi allontanano dalla contesa in corso.

Anzitutto per il modo un po’ approssimato ed un po’ arruffato con cui siamo arrivati a questa campagna elettorale, a seguito dell’improvvisa caduta del governo. Il paese stava e sta ancora affrontando una serie di crisi in parallelo: quella militare in Ucraina, quella sanitaria con il covid, quella economica e sociale con i prezzi schizzati alle stelle. Ecco, proprio in questa situazione, la classe politica ha pensato bene di regalarci una campagna elettorale estiva, con un cinico disinteresse dell’interesse di tutti e soprattutto delle fasce più esposte. Si è fatto del “fattore sorpresa” un elemento cruciale delle vittoria, come se non fosse nell’interesse di tutti che tutte le parti politiche avessero modo di preparare le liste e spiegare i propri programmi.

E poi le promesse: le stesse, roboanti, da vent’anni a questa parte, ogni volta disattese, tradite, dimenticate. Sappiamo benissimo tutti che lo stato dei conti pubblici non premette voli pindarici o promesse marziane, eppure eccoli tutti in TV a vendere sogni irrealizzabili, insostenibili nel bilancio pubblico, fatti solo per solleticare la pancia del Paese.

Per non parlare dei volti: gli stessi, da anni, proprio di quelli che, pochi anni fa, ci hanno portato sulla soglia del default, vicino alla bancarotta e al discredito internazionale e che ora, come giovani e vergini promesse dell’Italia, ci spiegano con saccenza le loro ricette per migliorare il Paese.

Sappiamo tutti come rischia di andare a finire, perché è lo stesso film che abbiamo già visto più volte: dopo i primi mesi frizzanti e spumeggianti, con scarsa attenzione ai conti pubblici e alla sostenibilità di certe promesse, verremmo nuovamente messi sotto tutela da parte delle istituzioni internazionali, con la conseguenza che a qualcun altro (tipicamente il tecnico di turno, perché poi la politica non ha il coraggio di sostenere scelte impopolari) dovrà sistemare i cocci rotti.

Ormai è la stessa storia da anni, una musica che si ripete come un fastidioso disco rotto: le cose vanno male non perché qualcuno mette il bastone tra le ruote al conducente, ma perché la politica non è all’altezza delle sue responsabilità.


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