selfie-mania

Lascia davvero perplesso vedere le immagini di persone che, dopo aver reso omaggio alla salma di Maurizio Costanzo, cercano un selfie con Maria De Filippi. Mi ricordano scene analoghe di fronte alla salma di papa Benedetto esposta in San Pietro: giunti di fronte al baldacchino con il corpo del pontefice, il gesto istintivo era quello di estrarre il telefonino dalla tasca e scattare una foto.

Chissà cosa diranno i posteri di questa nostra passione malsana per i selfi e le fotografie, questa mania di immortalare con il telefonino ogni cosa che facciamo, il cibo che mangiamo, i posti che visitiamo, la gente che incontriamo, le cose che acquistiamo ed ogni altro aspetto della nostra vita. Una passione che non arresta nemmeno davanti a quell’evento ineffabile che è la morte, il sommo silenzio, la massima quiete, l’ultima tappa di ogni umana esistenza.

Non voglio fare discorsi moralistici né affrettare giudizi verso alcunché, giacché mi sento anch’io parte di questa dinamica culturale. Tuttavia è bene fermarsi per interrogarsi sul senso di questo apparente narcisismo, questa tendenza ad immortalare con lo smartphone ogni cosa che accade, quasi mossi dal terrore che ciò che non abbiamo fotografato vada perduto.  È preoccupante questa logica in nome della quale esiste solo ciò che cade sotto il nostro sguardo e che viene catturato dalla camera di un piccolo oggetto elettronico. Tutto diviene show, rappresentazione, messa in scena, teatro; tutto diviene oggetto di un consumo morboso della vista, qualcosa da esibire come un trofeo sui social, come a dire “io c’ero”, “ero presente”, “ero là dove l’evento si è celebrato”.

Chi nel futuro studierà questi anni di inizio millennio troverà bizzarra questa abitudine e non potrà che constatare il nostro radicale interesse per ciò che appare, ciò che si esibisce, ciò che si manifesta nell’esteriorità del mondo. C’è una dimensione dentro che non trova ascolto né riconoscimento; vi è una interiorità snobbata, disconosciuta, come un orpello di vecchie credenze, come il retaggio di passate tradizioni.

Quella donna che chiede il selfi alla De Filippi è come se ammettesse la sua incapacità di dire altrimenti il suo dolore e la sua vicinanza alla famosa conduttrice; esattamente come coloro in coda a San Pietro, essa pare incapace di esprimere diversamente la sua partecipazione e le sue condoglianze, quasi a confessare che ciò che possiamo dire oggi, lo possiamo fare solo attraverso un selfie.


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