ma che ne sa Piantedosi!

Ma che ne sa Piantedosi della disperazione che muove un padre o una madre a prendere un barcone per andare in cerca di speranza? Che ne sa lui di cosa possa o meno giustificare un viaggio disperato come quello che compiono coloro che attraversano il Mediterraneo su delle barchette di carta?

È fastidioso sentire un ministro degli interni affermare con saccenza che «la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettano in pericolo i figli», detto da uno che non è stato in grado di salvare delle persone che erano a 500m dalla riva, quando il mare era in tempesta e le condizioni metereologiche pessime…

Badate, è una reazione né strana né isolata perché è sintomo di un particolare punto di vista sul mondo della povertà e dell’indigenza, quello cioè che tende a colpevolizzare il povero, a ritenerlo causa della sua situazione, lui stesso all’origine dello stato di disagio. Nulla di nuovo sotto il sole, cose già viste e già sentite.

Come in questo caso: non lo dice apertamente, ma la frase del ministro lascia sottintendere che in fondo è colpa loro se sono finiti in fondo al mare; se fossero stati a casa loro tutto questo non sarebbe successo… diciamocela tutta: un po’ se la sono cercata… certo, certo, non usa questa brutalità, non è così diretto ma, sapete anche voi, le cose si posso dire in molti modi e usando tanti registri diversi.

Quello del ministro è il tono ovattato di un austero funzionario dello stato che, dal comfort della sua bella scrivania al ministero, fa la predica a chi si è messo per mare, dando la pagella di affidabilità ai padri e alle madri che sono partiti…Ovviamente senza conoscere un acca della storia di quelle persone, della realtà da cui sono fuggite, dalla disperazione da cui stanno scappando…

C’è un cinismo in carta bollata, una crudeltà in colletto bianco, una disumanità in divisa che tenta di negare la tragicità dell’accaduto scaricando le colpe su altri, cercando in altri le radici di responsabilità che non si sentono mai proprie.


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