altrove…

L’annuncio pasquale della resurrezione è accompagnato da una esclamazione che tutti e tre i vangeli sinottici riportano. Pur nella differenza dei racconti del mattino di quel primo giorno della settimana, c’è un particolare che tutti e tre gli evangelisti annotano in maniera concorde. Sono tre semplici parole, che, in effetti, rischiano di restare come “schiacciate” dall’annuncio prodigioso che quell’uomo crocifisso è tornato alla vita. Il giovane vestito di bianco (secondo il racconto di Marco) rivolgendosi alle donne, venute a ungere il corpo del Maestro, esclama “Non è qui!” Ho sempre trovato affascinante questo “urlo pasquale”, come se fosse rivolto personalmente a me e alle persone del nostro tempo. L’esortazione del giovane a cercare nel posto giusto, a non farsi confondere dalle usanze e da facili credenze, a non essere superficiali e stolti è un invito che arriva dritto al cuore di questo tempo un po’ affaticato e disorientato.  

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” rimprovera Luca alle donne. Come a dire: perché state ancora rovistando nel posto sbagliato, perché volgete gli occhi nella direzione sbagliata, perché rivolgete le vostre attenzioni nel posto errato?

In fondo l’annuncio della rinascita è accompagnato dall’invito a custodire lo sguardo, preservare la direzione della nostra vista, a curare il posto verso cui guardiamo . Forse, ma qui l’interpretazione è personale, non c’è vera resurrezione se il nostro sguardo non si converte, se non cessa di cercare dove non serve, se non si apre allo stupore dell’inatteso, dell’insperato, di quanto ci disorienta e ci riorienta verso altre mete. Non c’è alcun ricominciamento se i nostri occhi restano ossessivamente rivolti sulle stesse cose, prigionieri di vecchi preconcetti, antiche opinioni ed idee, ostaggi di sguardi superati ed inadatti a leggere l’oggi. Sento l’invito “Non è qui!” rivolto a me come padre, come educatore, come professionista, come cittadino, come amico e sposo, come membro di una comunità cristiana e civile. È il richiamo a volgere lo sguardo e cercare la vita là dove essa si trova e non dove pensavamo fosse; è l’esortazione a scrutare i segni di rinascita che accadono attorno a noi mentre noi siamo tristemente impegnati a consolare le nostre delusioni, i nostri sogni traditi, le nostre speranze crollate.

La vita non è dove ci aspettavamo fosse, la vita avviene altrove, ovunque lo sguardo sia in grado di riconoscerla! La vita la si incontra “in Galilea”, ovvero là dove l’esistenza scorre con il ritmo pacato e banale della quotidianità. La vita danza sul posto di lavoro, in quel progetto faticoso ma che ha fatto crescere, in quella opportunità colta, in quella fatica consolata, in quello ferita fasciata. La vita si agita a scuola, nello studio, in quell’esame superato a fatica, in quel successo educativo che nessuno vede, in quei piccoli accompagnamenti che di piccolo hanno solo la nostra modesta considerazione. La vita sgorga in famiglia, in quei feriali ascolti fatti a fine giornata, in quelle parole di incoraggiamento, in quel tenersi per mano, giorno dopo giorno, qualunque cosa accada. La vita zampilla in metro, in aeroporto, in stazione, sui campi di calcio, per strada, al supermercato, ogni qualvolta un sepolcro è aperto, un legame cresce, una ferita è curata, un sorriso è donato, una piccola speranza è regalata sottovoce, come a dire “ce la puoi fare, non finisce tutto qui, coraggio!”. Il punto è che per riconoscere e onorare la danza meravigliosa della vita servono occhi capaci di guardare altrove, in direzioni sorprendenti, in posti dove mai avremmo intuito o immaginato. Serve il coraggio di lasciarsi disorientare, sorprendere, meravigliare che “non è qui!” giacché la vita ci precede in tutte le Galilee della nostra esistenza.

articolo pubblicato su Il Cittadino del 19 aprile 2023


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